ROMA. Ci sono figure di successo che acquistano una popolarità al di là del proprio ambito e della propria arte, divenendo vere e proprie icone pop mondiali e, per la lirica, dopo Enrico Caruso e Maria Callas, questo è accaduto certamente a Luciano Pavarotti, non solo per la sua comunicativa romagnola e la simpatica corpulenza da gourmet, ma anche per come ha saputo e voluto aprirsi al mondo e al suo tempo, rompendo recinti e classificazioni tradizionali.
A dieci anni dalla sua scomparsa, avvenuta dopo lunga malattia il 6 settembre 2007 nella sua casa di Modena e funerali in Duomo, resta il mito del cantante che a Londra il 2 giugno 1966, a 31 anni, nella 'Fille du régiment', unica opera in lingua non italiana che Pavarotti terrà poi in repertorio, esegue i nove Do acuti che costellano l’aria 'Ah, mes amis, quel jour de fete!' con incredibile baldanza, finendo sui giornali di mezzo mondo e entrando nella leggenda della lirica, che si unisce al mito dell’artista che negli anni '80 e '90 conquisterà fama extrateatrale e operistica, grazie anche alla tv.
E’ il periodo dei suoi mega concerti oceanici (a New York un 'Rigoletto' in forma di concerto il 17 giugno 1980 a Central Park e un recital il 26 giugno 1991, ambedue con oltre 200.000 spettatori; a Londra ad Hyde Park il 30 luglio dello stesso anno con 330.000 spettatori; a Parigi sotto la Tour Eiffel il 2 settembre 1993, passando per stadi e palazzi dello sport). Vengono allora anche gli appuntamenti assieme a artisti diversi, cominciando con i 33 celebri concerti dei 'Tre tenorì con Placido Domingo e José Carreras tra il 7 luglio 1990 (alle Terme di Caracalla) e il 2003, gli stessi anni in cui nascono anche le grandi feste canore modenesi di 'Pavarotti & Friends' (10 edizioni dal 1992 al 2003), veicoli per svariate campagne umanitarie all’insegna della mescolanza di ogni genere musicale, che amplieranno incredibilmente la visibilità e popolarità di Pavarotti che si esibisce assieme e accanto a grandi star internazionali del pop e del rock. Sono eventi organizzati con l'aiuto di Nicoletta Mantovani, hostess nel 1993 del Pavarotti international horse show, con la quale nasce una relazione che porterà poi alla fine del primo matrimonio del tenore, alla nascita della figlia Alice e alle seconde nozze.
Nato a Modena il 12 ottobre del 1935, Luciano Pavarotti si avvicina molto presto a musica e canto grazie al padre Fernando, fornaio e tenore dilettante, e continua gli studi a 19 anni col tenore Arrigo Pola che alla bellezza naturale di una ottima voce aggiunge in tre anni una tecnica sicura, prima che passi (con la 'sorella di latte' Mirella Freni) con Ettore Campogalliani, che ne perfeziona lo stile interpretativo, mentre Luciano lavora come maestro elementare e poi come assicuratore.
Bocciato al concorso di canto 'Achille Peri' nel 1960, si ripresenta l’anno dopo procurandosi il debutto scenico il 29 aprile 1961 in una 'Boheme' giovanile a Modena con la direzione di Francesco Molinari Pradelli. Quell'anno vince il Concorso Internazionale di Reggio Emilia e il ruolo di Rodolfo nell’opera di Puccini, che sarà il titolo da lui più amato con cui esordirà anche trionfalmente alla Scala nel 1965 con la Freni e Karajan sul podio. Conosce allora negli Usa, a Miami, il soprano Joan Sutherland e il marito e direttore d’orchestra Richard Bonynge, specializzatisi nel recupero del belcanto ottocentesco, che lo portano con sé in una lunga tournée estiva in Australia che diventa per Pavarotti periodo di perfezionamento di tecnica e stile ("Aveva sempre con le mani sulla pancia di mia moglie per capire come usava il diaframma", ricordava Bonynge) che aggiungeranno al suo repertorio 'L'Elisir d’amore' di Donizetti, 'La sonnambula' di Bellini e 'Un ballo in maschera' di Verdi.
Comincia allora a venir chiamato nei più prestigiosi teatri di tutto il mondo, grazie alla sua incredibile estensione tenorile di voce, chiara e particolarmente morbida, luminosa e dalla tecnica perfetta, unita alla sua umanità solare e presenza scenica: tra tutti spicca nel 1968 l’arrivo al Metropolitan di New York (23 novembre, 'La bohème'), teatro con cui più d’ogni altro viene identificato grazie a 379 recite in 36 anni, fino all’addio alle scene con 'Tosca', il 13 marzo 2004. Sono gli anni del suo debutto discografico, che arriverà a vendite incredibili per la lirica (oltre 100 milioni di copie fra tutti i titoli fino al momento della morte).
Pavarotti si misura anche con la regia d’opera e si diletta, è attore e showman (si ricorda la conduzione al Festival di Sanremo nel 2000, con Fabio Fazio) mentre si dedica all’insegnamento, sempre gratuito, organizzando anche cinque edizioni del 'The Luciano Pavarotti international vocal competition'.
Una vita insomma ricchissima, il desiderio sempre ribadito di "voler portare l’opera alla gente" e la voglia di non porsi confini ne hanno fatto tra l’altro uno dei grandi amplificatori internazionali della nostra arte, del 'marchio' Italia.
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