PALERMO. Volti, sguardi, espressioni, situazioni scandiscono e descrivono l’universo femminile attraverso la magia pittorica nel corso dei secoli. Senza voler andare indietro fino alla cultura classica e al Medioevo con le sue madonne, dal Rinascimento al Cubismo, da Leonardo da Vinci a Picasso, passando per Raffaello, Tiziano, Botticelli, Perugino, El Greco, Manet, Renoir, Gauguin, Dalì e Modigliani, opere di intensa e raffinata suggestione esaltano i canoni estetici, i sogni, le aspirazioni, la dimensione psicologica, inconscia e onirica della donna e ne documentano l’evoluzione. La collezione permanente della Galleria d’Arte moderna di Palermo offre uno spunto di riflessione - una storia dentro la storia - per analizzare la figura femminile in un periodo di cambiamento della percezione della donna e delle sue sfumature sociali. Scene di quotidiana straordinarietà, sullo sfondo di nuove certezze, in decenni destinati a trasformare il mondo e a proporre un nuovo ruolo delle donne, siano esse borghesi o contadine, nobili o popolane, esplodono in ogni sala della Galleria. E sembrano dire: signori, si cambia. Infatti mentre nuovi movimenti intellettuali, mutamenti politici e culturali investono l’Italia tra 1800 e 1900, nell’arte attraverso tratti evocativi ed emozionali passa, come in un fil d’atmosfera, l’altra metà del mondo, una metà che, forse per la prima volta, è veramente consapevole del suo contare, e della fine di una millenaria subalternità. Gli artisti raccontano, spesso con sensibilità confidenziale come in un palinsesto figurativo, i momenti più personali ed intimi: il bagno, il lavoro, le ritualità dei sentimenti. «L’Ottocento - spiega Antonella Purpura, direttrice della Gam - si configura come un secolo di profonda rivoluzione sociale data dalla crescente industrializzazione che ebbe un ruolo determinante nella costruzione dell’immaginario femminile di riferimento per quell’epoca. Infatti, la crescita economico-sociale della società europea moltiplicò le opportunità per le giovani donne di conquistare la propria indipendenza economica e di ascesa sociale. Le contraddizioni relative alla “narrazione” del ruolo della donna nel XIX secolo vengono abilmente colte dagli artisti che con i loro strumenti divulgano l’acquisizione di un nuovo ruolo nella società». E la donna comincia ad affermare la sua autonomia, a veicolare la sua stessa rappresentazione anche attraverso il “filtro” dell’occhio e del pennello degli artisti. «Le opere dell’esposizione permanente della Galleria – che non vuole essere un contenitore ma, attraverso il progetto “Gam Bene comune”, collegare direttamente le collezioni museali con la storia della città, fino a divenire esperienza socio-culturale diffusa, accessibile a tutti - ci permettono un approfondimento: scopriamo le vicende biografiche, analizziamo - aggiunge la direttrice Purpura - non solo temi di storia dell’arte, ma anche di storia sociale, nonché i modelli ai quali si rifaceva l’imma - ginario collettivo sul femminile e sulla donna nell’Ottocento, i valori che trasmetteva, anche quelli più patriottici». Ed ecco allora le due donne in lacrime davanti alla “Sepoltura garibaldina”, capolavoro di Filippo Liardo, artista di Leonforte dalla vita spesa a inseguire sogni e movimenti artistici: sempre dietro a Garibaldi in tutte le campagne per l’unità d’Italia ma anche a Palermo, nella bottega di Salvatore Lo Forte, a imparare pennellate realiste. Sparse per le sale ci sono donne che rimangono al proprio posto. E quelle sopra le righe, attualissime e indipendenti frequentatrici dei migliori salotti europei. Alla poetica del vero fanno riferimento tanti piccoli quadri di genere, con scene tratte da “I Promessi sposi” o immaginate negli interni umili ma dignitosi di case popolari. Qui s’incontrano “Fra’ Cristoforo, Renzo e Lucia” di Giuseppe Pensabene, in una tela che raffigura uno degli episodi salienti del più celebre romanzo storico della letteratura italiana, quando l’Innominato irrompe nella misera casa dove Lucia è prigioniera di Don Rodrigo, e lei, piangendo e implorandolo, riesce a inquinare di bontà un cuore che tutti credevano ribaldo. Ma c’è anche la “Fanciulla tradita” di Francesco Padovano, appassionato di figure femminili isolate, dove la sconsolata immagine di una giovane donna è raffigurata seduta e aggrappata alla sedia, mentre per terra giace una lettera: gli uomini, i soliti mascalzoni. “La tradita” fu probabilmente eseguita in pendant con il dipinto intitolato “Un sì fatale”: e ne è la scontata conseguenza. Navigando tra estetismo ed esotismo ecco la “Fanciulla che esce dal bagno” di Paolo Vetri: il dipinto raffigura una giovane donna sorpresa dopo il bagno, avvolta in un morbido lenzuolo di un bianco abbagliante, drappeggiato intorno al corpo, che ella stringe pudicamente sul petto, mentre sorpresa guarda verso un invisibile osservatore. Sullo sfondo una carta da parati dai toni ocra, accentua la luminosità dell’am - biente, reso dal pittore con toni pastosi e caldi, quasi che il ritratto fosse un pretesto per giochi cromatici e di luce. Altra opera, altra avvenente dama: è quella di Giacomo Grosso, protagonista di una “Sorpresa” dalle forme generose appena celate dal velo. Lei è una timida sfrontata che si lascia ritrarre nuda ma con il braccio sinistro alzato quasi a nascondere il volto facendo solo intravedere lo sguardo. Malizia o furberia? Quel braccio, più che celare potrebbe essere un ottimo espediente per sollevare i seni, leggermente cadenti. Maldicenze. Elegantemente vestita, ma scollacciata, è la “Femme aux gants” di Giovanni Boldini, donna dell’alta società, probabilmente Emiliana Concha De Ossa, abituata a frequentare feste e salotti della belle époque parigina: Boldini – autore del famoso ritratto di donna Franca Florio evidenzia aspetti del femminile che si completano con le sculture di Ettore Ximenes “Ecce mater” e di Antonio Ugo “La madre”, esposte significativamente sull’altro lato della sala, in cui spariscono gli abiti alla moda francese e le acconciature raffinate per dare spazio a corpi morbidi e accoglienti, espressioni dolci e devote, inno alla tenerezza della maternità. E vogliamo parlare di “Ritratto di fanciulla con colomba” di Giuseppe Patania? Il misterioso fascino della donna sembra già risentire di una rinnovata temperie culturale legata alle nuove istanze romantiche: la presenza della colomba, simbolo d’innocenza, evoca sul piano formale persino la ritrattistica rinascimentale. Portato all’indagine di temi rurali o legati al mondo degli affetti familiari è Eustachio Catalano e il suo “In giardino”presenta tutti gli elementi costitutivi della sua più caratteristica produzione. Approdiamo all’immagine femminile di Arturo Noci, il “pittore delle cose tristi” con una particolare vocazione nel ritrarre le belle signore del jet set, perché sensibile al glamour della mondanità: “La modella” è un dipinto segnato da atmosfere soffuse, calde e velatamente sensuali, sempre in bilico “tra castità e impudenza”. Il linguaggio pittorico, insomma, è riassunto di pensieri, ne coglie un’essenza, non l’essenza. Sfaccettature di donne. Che non finiremo mai di contare.