Giovedì 19 Dicembre 2024

L’isola della de Grolé e la Sicilia, miti perpetui visti con gli occhi di un’artista francese

Le Segrete, terracotta dipinta con acrilico e cordone rosso, 2016
«Femme-chêne» (dalla serie «Abiti-spoglie»), sagome di feltro, lino e cordone rosso, 2015
«Ante/nate», abiti in tela di lino e grucce di legno, 2016
«Esodo», barche costruite con legnetti erosi dal mare e chiodi, 2011.
«Curtigghiu/Cortile», sedie, filo di lana e matasse
«Verso il Grande Mare», disegni a inchiostro di china e acrilici su carta Fabriano (2 parti), 2013
«Naissances », bacinelle, foto di pance sotto lenti di vetro curve, tavolo, 1997/2016

PALERMO. Nel cuore del centro storico di Racalmuto, nella cornice dell’ala sud ovest del Castello Chiaramontano, adibita dal 2014 ad ospitare eventi culturali, si è inaugurata Une île à soi – Anne-Clémence de Grolée: vent'anni di ricerca in Sicilia. Curata da Giulia Ingarao, la mostra propone un percorso esaustivo sull’opera dell’artista francese, naturalizzata palermitana.

A partire dal suo arrivo in Sicilia nel 1996 per una residenza d’artista a Fiumara D’Arte, fino ad oggi, le opere di Anne-Clémence de Grolée (una quindicina in tutto tra disegni, oggetti, fotografie e installazioni), sono raggruppate in vaste aree tematiche, nuclei portanti del suo lavoro.

Une île à soi ovvero Un’isola tutta per sé, è il titolo significativo che racchiude il senso del lavoro della De Grolée nell’ambivalente rapporto con la Sicilia di ospite e osservatore, di chi è attratto e allo stesso tempo quasi respinto, di chi trova nella distanza tra la cultura francese e quella siciliana, in questa area di mezzo vissuta come un rifugio, come una tana, il terreno ideale per far germogliare la propria arte.

Secondo Gesualdo Bufalino la nostra insularità risiede nel «dissidio fondamentale che ci travaglia, l’oscillazione fra claustrofobia e claustrofilia, fra odio e amor di clausura, secondo che ci tenti l’espatrio o ci lusinghi l’intimità di una tana, la seduzione di vivere la vita con un vizio solitario». Nella tana in cui la De Grolée riesce a risanare i contrasti, a farsi ponte in quel mare di mezzo che la separa dalle sue radici, trova il suo vizio solitario, la sua arte.

Il primo e forse più corposo nucleo tematico è quello che ruota attorno al concetto di femminile, di un femminile arcaico totalmente assimilato alla natura e alla cultura, anch’esse arcaiche, della Sicilia. L’isola si svela agli occhi dell’artista nel mito della Grande Madre.

Secondo lo psicologo tedesco Erich Neumann l’immagine della Madre Primigenia deriva direttamente dallʼesigenza umana di raffigurare il fuori da sé e venerare l’archetipo del grande femminino, che crea il tutto e che «in un primo tempo, poté venire vissuto e generato solo allʼinterno di un mistico senso di appartenenza alla natura». L’artista trova la grande madre nella natura delle sensuali curve di una conchiglia che emerge da una montagna di borotalco (Doux piège, conchiglia, farina e borotalco in bacinella di lamiera zincata, 1997), o di ninfee-pance che galleggiano in un liquido originario, amniotico (Naissances, bacinelle in alluminio, fotografie di pance sotto lenti di vetro curve 1997-2016), o ancora nelle tradizioni siciliane intrise di miti e tabù, come quelle del ricamo (Filles d’Eve, dalla serie Déshabillés, indumenti intimi ricamati a mano con filo di cotone rosso 1996) o culinarie (Délicieuses,serie di fotografie della performance presso il Centro Culturale Francese di Palermo, sculture commestibili in gelo di anguria 1996).

A bordo di legni erosi dal mare assemblati come imbarcazioni di fortuna (Esodo, installazione, 2011) la de Grolée penetra sempre di più nel cuore dell’isola, attenta anche ai temi sociali che si fondono a quelli personali, esodi e naufragi, verso quel grande mare che separa e unisce, da e toglie la vita (Verso il Grande Mare, serie di disegni a inchiostro di china e acrilici su carta, 2013).

Naufragi su un mare di inchiostro che alludono alla malattia e poi alla perdita della madre, avvenimenti che segnano alcune delle ultime opere dell’artista, che per risanare il doloroso taglio delle radici, decide di tornare in Francia nel 2015 ed immergersi nella residenza d’artista ad Aix-en-Provence presso La Non-Maison.

Qui la Grande Madre diviene un grande abito vuoto, sagoma o impronta di feltro di un corpo non più esistente, ma ancora aperto ad accogliere i piccoli abiti dei figli che si annodano a lei con un cordoncino rosso. (Femme-chêne, dalla serie Abiti-spoglie, sagome di feltro, lino e cordone rosso, 2015). Immagine di infinita poesia dal forte potere evocativo.

Dentro e fuori l’isola, un’isola tutta per sé, la de Grolée annoda i fili della sua vita e della sua arte, del suo passato e del suo presente, intrecciando e sciogliendo nodi ricama una storia che dalla sua anima si lega a quella di tanti altri.

Il progetto della mostra è di ruber.contemporanea, realizzato con la collaborazione dell'Institut français Palermo e con il sostegno dell'assessorato alla Cultura del Comune di Racalmuto e della Fondazione Sicilia.

Dal 3 marzo la mostra sarà ospitata alla GAM di Palermo

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