ALBA. Un futurista nella fabbrica del cioccolato italiano.
Il «principe della pittura» (la scritta che volle sulla sua lapide), fino al 27 febbraio, è in mostra ad Alba, alla Fondazione Piera Pietro e Giovanni Ferrero (fondatori dell’industria dolciaria piemontese).
«FuTurBalla», per la curatela di Ester Coen, è un prestigioso percorso che di Giacomo Balla presenta capolavori (difficilmente concessi in prestito) insieme con studi, carte, bozzetti fotografie e documenti privati dell’ artista più geniale, vitale e visionario del ‘900 italiano: tra le oltre cento opere «Autoritratto» (1894), «Fallimento» (1902), La pazza (1905) mentre dall’Albright-Knox art gallery di Buffalo arriva «Dinamismo di un cane al guinzaglio, opera inavvicinabile ai più, esposta per l’ultima volta in Italia a Venezia nel 1986.
E poi ancora «Finestra su Dusseldorf», «La mano del violinista», «La bambina che corre sul balcone» (tutti del 1912) mentre «Numeri innamorati» chiude la mostra e testimonia della sua passione per l’esoterismo numerologico.
«FuTurBalla» si ferma agli anni ’20 e non prende, quindi, in considerazione i decenni romani dell’artista ovvero quelli segnati da un ritorno alla più tradizionale pittura figurativa.
Tre le sezioni della mostra: il primo Balla vicino alla dimensione sociale; quello dal taglio fotografico, introduttivo al momento successivo dove a dominare è il tema della luce e quello dello sviluppo dell’energia che si propaga nello spazio per dilatazione, scomposizione dei colori e dinamismo della velocità delle automobili.
Infatti, vita, luce e velocità sono i tre elementi attorno ai quali ruota l’interesse dell’artista torinese, romano d’adozione (dove morì nel 1958 a ottantasei anni) ma con Parigi nel cuore, dove soggiornò per quasi dodici mesi, nel 1900, l’anno della grande esposizione universale e dove conobbe la ricerca post-impressionista.
Attratto dal tema verista e dagli ‘esclusi’, maestro di Umberto Boccioni e Gino Severini, Balla subisce la fascinazione della modernità, del dinamismo e della luce (nel periodo futurista Lucia, la sua primogenita, diventa Luce cui seguirà la sorella, Elica) e della possibilità di dipingere uomini e animali in movimento basandosi sulla rappresentazione analitica e ritmica delle varie fasi di spostamento dei corpi: le figure mai stabili, si moltiplicano cambiando anche nella forma.
Mentre in Penetrazioni dinamiche di automobile Balla assume l’atteggiamento metodico e razionale dello scienziato: qui il movimento diventa espressione e non rappresentazione. Sperimentatore versatile col dono dell’intuizione, il suo «Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo» dell’11 marzo 1915, che sottoscrisse con Fortunato Depero è stato il più alto contributo alla causa avanguardistica.
La destinazione andava oltre il futuro: era l’universo intero che intendevano rallegrare «ricreandolo integralmente».
Per una visione esaustiva sul futurista piemontese, sempre fino al 27 febbraio, alla Gam di Torino c’è «ProToBalla» (curata da Virginia Bertone e Filippo Bosco con contributo di Fondazione Ferrero), approfondimento sui capitoli meno noti dei primi anni di vita, dei suoi legami con la città sabauda: dal Borgo del Rubatto (dove nacque nel 1871) alle amicizie e prima formazione di Balla per cui «è l’opera d’arte che fa conoscere l’artista, tutto il resto è mediocrità».
Sabato 28 gennaio, Fabio Ferzetti dialogherà con Luca, Carlo e Silvia, figli di Mario Verdone che al futurismo, movimento artistico globale, ha dedicato numerosi saggi e libri.
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