ROMA. Principessa Leila addio. Carrie Fisher, l'attrice che nel 1977 George Lucas rese famosa con la parte della guerriera innamorata della serie di Guerre Stellari è morta a Los Angeles dopo un infarto quattro giorni fa in aereo.
«È con grande tristezza che Billie Lord conferma che sua madre è morta alle 8:55 stamattina», ha annunciato un portavoce della famiglia. Carrie si era sentita male un quarto d'ora prima dell'atterraggio sul volo da Londra. I fan avevano vanamente sperato: fino a ieri i bollettini medici parlavano di condizioni stabili.
Figlia del cantante pop Eddie Fisher e dell'attrice Debbie Reynolds, «Leila» era diventata famosa 39 anni fa con la parte della principessa bianco-vestita di «A New Hope». Erano seguiti a ruota «L'Impero Colpisce Ancora» del 1980 e nel 1983 «Il Ritorno del Jedi». Tributi sono arrivati dai colleghi: «Non ho parole, Devastato», ha detto Mark Hamill (Luke Skywalker).
«Si è spenta una luce», ha scritto William Shatner di Star Trek. Carrie aveva 60 anni. Dopo un periodo difficile in cui aveva combattuto i demoni dell'alcol e della droga, era risorta come memorialista («The Pricess Diarist») e tornata a recitare: l'anno scorso è apparsa come se stessa, ma anziana, in «The Force Awakens», il settimo film della franchise. Grazie ai poteri della CGI era riapparsa giovane in «Rogue One», l'ultimo Guerre Stellari da metà dicembre nelle sale italiane.
Carrie continuerà ad esistere sul piccolo schermo anche senza i prodigi della tecnologia: la terza stagione della sitcom britannica Catastrophe in onda nel 2017 la vedrà nella parte della madre della protagonista. Ma pur avendo recitato in altri film tra cui Blues Brothers e scritto le sceneggiature di, tra l'altro, «The Wedding Singer» e «Sister Act», è a Guerre Stellari e alle sue avventure «molto tempo fa in una galassia molto molto lontano» che la sua fama sarà eternamente legata.
Leila, Luke, Han Solo (Harrison Ford) divennero gli eroi positivi di una epopea pop, la forza del bene contro le forze del male, leggende capaci di sopravvivere per decenni in un'industria - quella di Hollywood - all'insegna dell'effimero. Lontano dal set Carrie non aveva mai nascosto il suo male di vivere: soffriva di disordine bipolare.
Le sue battaglie con la depressione erano state al centro di libri come «Postcards from the Edge», scritto dopo la quasi fatale overdose mentre girava Anna e le Sue Sorelle di Woody Allen, e l'autobiografia «Wishful Drinking». I genitori celebri non le avevano facilitato l'infanzia: il padre aveva lasciato la madre per Liz Taylor. A 15 anni aveva recitato in un musical, a 17 nel film «Shampoo».
Per la parte di Pricipessa Leila aveva battuto Jodie Foster e Sissi Spacek. Infelice la vita privata: un affare con Dan Akroyd, un matrimonio di meno di un anno con Paul Simon che ispirò la canzone Hearts and Bones.
E in «The Princess Diarist,» la confessione di quanto molti sospettavano: con Harrison Ford ci fu una torrida love story al tempo del primo Guerre Stellari: lui all'epoca aveva 14 anni di più ed era sposato, lei appena 19enne.
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