PALERMO. Nell'Italia degli anni '60 batte forte un cuore pop. Una miscela esplosiva figlia della Piper generation, del movimento beat ma, soprattutto, del boom economico e della Dolce vita felliniana. Fino al 12 dicembre, una mostra alla Fondazione Magnani Rocca, a Mamiano di Traversetolo (Parma), celebra la nascita del nuovo linguaggio, ricco ed eterogeneo ma forse meno noto nel panorama dell' arte italiana. Le ottanta opere di Italia pop. L' arte negli anni del boom, provenienti da istituzioni pubbliche e collezioni private, invadono la classicità della «villa dei capolavori» di Mamiano, casa personale del suo fondatore Luigi Magnani, ora sede museale con opere di Filippo Lippi, Tiziano, Rubens, Van Dyck, Goya, Monet, Renoir, Burri e cinquanta opere di Morandi. Valerio Adami, Roberto Barni, Tano Festa, Gino Marotta, Mimmo Rotella e Cesare Tacchi, giusto per citarne alcuni, invadono il Paese con nuove suggestioni non razionali, immagini moderne figlie del «boom» economico italiano e della voglia di «dolce vita» felliniana. L' italian pop rielabora l' America del jazz, del cinema e della pubblicità televisiva shakerando i temi e trasfigurandoli in chiave più colta ma con un pizzico d' ideologia e approccio critico in più. E se i nuovi modelli sono quelli imposti dalla tv, allora, anche le immagini dei politici, siano Krusciov, Kennedy o Fanfani, possono diventare «oggetti d' arte», come fa Sergio Lombardo (in mostra con Uomo politico e Ritratto di Mambor). È indubbio che ci sia dna anglo -americano anche nella pop art del Belpaese anche se la scuola di piazza del Popolo di Roma, quella di Pisa e di Milano avranno presto chiari tratti distintivi. Negli ultimi anni '50 Enrico Baj e Mimmo Rotella sono gli «apripista» di questo nuovo sguardo artistico: dai collage irriverenti e kitsch che Baj co Q1.