NEW YORK. Trevor White ha lasciato un cantiere edile vicino al Guggenheim anticipando la pausa pranzo per provare di persona l'ebbrezza del wc d'oro di Maurizio Cattelan. «America», questo il titolo dell'«opera» installata al quinto piano della rotonda di Frank Lloyd Wright gli «parla» di in due modi: «Da un lato la percezione del nostro paese come terra di tutti gli eccessi, dall'altro anche di quella delle opportunità. Che, se lavori sodo, alla fine puoi permetterti anche questo», risponde ai giornalisti che gli chiedono se a suo avviso l'ultima provocazione dell'artista padovano sia un ode alla dicotomia tra «l'un per cento degli ultraricchi alla Donald Trump e il resto 99 per cento degli Usa». C'è una certa condiscendenza delle domande dei media. Forse perchè Trevor è nero e ai piedi ha le Timberland da operaio? Laureato a Columbia due anni fa, amante dell'arte e visitatore frequente dei musei, il giovane afro-americano primo in fila davanti al bagno è anche lui vittima degli stereotipi di un'America dove se sei nero vieni dal ghetto e dove non è necessariamente tutt'oro quel che luccica. Come il wc di Cattelan, rivestito a 18 carati e che la guardia della security invita a usare con riguardo: «Non alzate la predella». Precauzione necessaria a non usurare l'«opera d'arte», ma che comporta una costante opera di pulizia: passa un addetto ogni quarto d'ora. Cattelan era venuto nei giorni scorsi a soprintendere all'installazione della tazza in uno dei bagni unisex del museo. Un controverso ritorno dopo che 5 anni fa, proprio al Guggenheim, il padovano aveva dato addio all'arte con «All», la retrospettiva della sua opera omnia. Oggi a mettersi in fila tra turisti e curiosi c'era anche la famiglia Borghi di Reggio Emilia: «Di Cattelan conoscevo solo il Papa Woytila», dice Elena, la mamma. Per i tre italiani il wc d'oro ha compensato il fatto che, tra una mostra e l'altra, la rotonda fosse chiusa al pubblico. Per questa ragione oggi al Guggenheim la «pipì nel wc d'oro» è venuta a prezzo di sconto: 15 dollari anzichè i soliti 25. E quindi in fila: si entra da soli e ci si trova faccia a faccia con l'arte e con l'interrogativo se il «trono» di Cattelan sia un capolavoro sulla scia della «Fontana» dadaista di Marcel Duchamp del 1917 e la «Merda d'artista» di Piero Manzoni del 1961. Con una differenza: stavolta la fruizione è «interattiva». Il wc rimarrà nel museo finchè qualche collezionista non deciderà di acquistarlo, ma intanto - spiegano al Guggenheim - la maniera con cui si comporta il pubblico è parte del gioco visto che, a differenza del costante invito a «non toccare» rivolto ai visitatori di musei e gallerie, toccare in questo caso è parte integrante del processo creativo.