NAPOLI. Il Mito sta osservando la Storia. Sta ammirando Pompei, dopo avere contemplato Agrigento e la Valle dei Templi. Teseo e il Centauro, Dedalo e l'Ikaro alato, erano stati evocati dallo scultore Igor Mitoraj con la sua arte.
Loro, però, sono giunti solo adesso nella «città rapita dal Vesuvio».
Il maestro polacco, scomparso due anni fa, non potrà vedere le sue gigantesche opere tra i resti della Basilica e quelli del Foro, o nei pressi del Santuario di Venere: la mostra a cielo aperto, che si chiuderà l'8 gennaio, è il tributo «post mortem» di un ammiratore e amico, il presidente della Fondazione «Terzo Pilastro Italia-Mediterraneo» Emmanuele F. M. Emanuele.
«Mitoraj a Pompei - spiega lo stesso Emanuele - nasce da una promessa, o meglio nasce dal sogno di un grande artista che ha trovato terreno fertile nell’animo di un uomo amante della cultura, delle felici contaminazioni e delle sfide. Quell’uomo sono io e fui io a formulare quella promessa, dopo aver incontrato Igor Mitoraj ad Agrigento nell’ormai lontano 2011 in occasione della sua splendida mostra organizzata nella Valle dei Templi».
E ancora: «Mitoraj mi chiese di aiutarlo ad esporre le proprie opere a Pompei, forse il più visitato sito archeologico del mondo, permeato di suggestioni ancora palpitanti fra le celebri rovine: lui lo riteneva il luogo più adatto ad ospitare la sua arte ed io mi dichiarai disponibile, imboccando di fatto la lunga strada che ci ha portato fin qui oggi».
Da Via dell’Abbondanza al Quadriportico dei Teatri, passando per le Terme Stabiane, ventotto sculture in bronzo sommano nuove suggestioni a quelle antichissime, uniche, offerte dall'area pompeiana.
Decisamente straordinario - stavolta sì, è davvero il caso di usare questo aggettivo tanto abusato! - il percorso proposto ai tantissimi turisti che in questi mesi stanno scoprendo, o riscoprendo, Pompei. Qui, peraltro, si era recato in maggio anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che dopo avere inaugurato la mostra ha esclamato:
«Probabilmente qualcuno verrà ingannato, penserà che sono opere di allora perché la cultura non ha tempo e confine». Gli fa eco il soprintendente dell'area archeologica di Pompei, Massimo Osanna, che sottolinea nella sua prefazione al catalogo dell'evento:
«Pochi luoghi al mondo offrono al visitatore la possibilità di un cammino a ritroso nel tempo per confrontarsi con il passato, con la vertigine di emozioni dove si mescolano curiosità e rimpianto, senso della forza della vita e dell’ineluttabilità della morte. Fra questi c’è Pompei che, tuttavia, può offrire anche altro. La mostra monografica dell’artista franco-polacco Igor Mitoraj vede sculture monumentali dislocate in diversi settori degli scavi, instaurando con essi un legame dialettico e armonioso».
Massimo Osanna aggiunge: «Gli imponenti personaggi in bronzo, ispirati dall’iconologia antica, conviveranno con le architetture più famose emergendo come sogni dalle rovine. Simboli muti e iconici, le opere di Mitoraj ci ricordano nella loro immanenza il valore profondo della classicità nella cultura contemporanea. A Pompei, ha scritto Théophile Gautier nel 1852, due passi separano la vita antica dalla vita moderna».
Come cinque anni fa nella Valle dei Templi, o in precedenza ai Fori Imperiali di Roma, i Giganti di Bronzo scortano i passanti ma si mostrano nella loro dimensione più umana.
Sono fragili e mutilati, esposti all'infierire del tempo, eppure imponenti e carichi di fascino.
Indicano nella Bellezza, nella Cultura, l'antidoto agli orrori di ogni epoca.
Igor Mitoraj li ha conosciuti bene, lui nato nel 1944 a Oederan nella Germania nazista da padre francese prigioniero di guerra e madre polacca, deportata e condannata ai lavori forzati. Cresciuto in Polonia, devastata dal conflitto e successivamente dal regime filosovietico, fu «salvato» dall'incontro all'Accademia di Cracovia con l'artista e regista Tadeusz Kantor che gli consigliò di raggiungere Parigi e l'Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts. Dove il giovane artista arrivò nel 1968, iniziando a concepire opere in cui «si schiera dalla parte degli eroi perdenti - ricorda il presidente della Fondazione Terzo Pilastro, citando l'artista palermitano Costantino Piazza - in tempi di grandi conflitti politici, religiosi, economici e culturali».
Emmanuele Emanuele conclude: «Il richiamo alla cultura mediterranea classica, così evidente nelle sculture di Mitoraj, ci conferma che essa non è soltanto la chiave per superare le diversità e mettere in contatto fra loro popoli e civiltà lontani, ma anche un potente strumento capace di far dialogare i linguaggi artistici contemporanei con la storia di quel mondo da cui tutto ha tratto origine. E questa mostra, con la sua compiuta bellezza e per l’attrazione che sta provocando nelle più diverse aree del nostro Mediterraneo, ne è la più evidente prova».
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