FIRENZE. Una famiglia, due artisti. Anzi, due fratelli ad alta densità creativa inseriti da Giorgio De Chirico tra «i pochi pittori talentuosi» che avesse conosciuto: «in ordine di tempo, Kandinsky, Picasso, De Pisis e i fratelli Xavier e Antonio Bueno».
Fino al 18 settembre, a Firenze, a Villa Bardini una grande, «doppia» mostra che, tra punti di tangenza e affrancamenti, ripercorre l' intera parabola di due «gemelli mancati», due pittori di origine spagnola che scelsero il capoluogo toscano come loro residenza.
Curata da Stefano Sbarbaro, Doppio ritratto -Antonio e Xavier Bueno. Contrappunti alla realtà tra avanguardia e figurazione è la mostra che (finalmente) fa luce su due personalità relegate in un (in)spiegabile cono d' ombra della storia dell' arte del '900, messe in u n angolo da un pregiudizio politico che fa torto non soltanto a quella che è la verità storica ma anche al valore della loro arte, al riconoscimento del loro talento.
Un percorso ricco e preciso tra centotrenta opere (con diversi inediti che rendono la proposta ancora più accattivante) che, di sala in sala, rimanda ai profondi cambiamenti culturali del dopoguerra e, soprattutto, alla simbiosi artistico -esistenziale dei due fratelli Bueno che, dal 1947 al 1949, fecero parte con Gregorio Sciltian e Pietro Annigoni del «Gruppo dei pittori moderni della realtà» (e fu proprio questa «appartenenza» a far guardare con una certa diffidenza e superficialità le loro opere).
Il movimento non era interessato ad «una pittura cosiddetta astratta e pura, figlia di una società in sfacelo... noi riaffermiamo quei valori spirituali e più precisamente morali senza i quali fare pittura diventa il più sterile degli esercizi...noi vogliamo una pittura capita da molti e non da pochi raffinati».
La critica non li amò e, con un certo disprezzo, li chiamò «fotografi» considerandoli rappresentanti d' un figurativismo di second'ordine.
I Bueno erano figli di Javier, errabondo giornalista (sposato a una fuoriuscita polacca) che, lasciata la nativa Andalusia per Parigi, si trasferì prima a Berlino (come corrispondente del quotidiano spagnolo Abc) quindi Ginevra e Firenze.
Ecco perché Xavier nacque in Spagna nel 1915 e, tre anni dopo, Antonio a Berlino (mentre Guy, il primogenito, nasce in Francia nel 1913).
Costretti dalla guerra, e dal regime di Franco, dopo un periodo bohémien a Parigi, nel gennaio 1940, arrivano a Firenze insieme con la madre, Hannah Rosjanska. Ma, quello che doveva essere un breve «grand tour» cultural -rinascimentale, diventa residenza permanente e scelta di vita definitiva.
Tra Antonio e Xavier la collaborazione è strettissima tanto da spingerli a confondere e mescolare le loro pennellate su un' unica tela (caso più unico che raro nella storia dell' arte) come in Doppio autoritratto. Realizzato a quattro mani nel 1944 (e firmato da entrambi), l' opera mostra Antonio con impermeabile e Xavier in posa alla Humphrey Bogart, intorno le loro adorate pipe e simbolici quadretti.
Ma, dopo un periodo di sintonia pressoché totale, i due fratelli scelsero strade e cifre stilistiche differenti. Antonio passa all' astrattismo, con il periodo metafisico delle pipe di gesso. Poi, negli anni '60, si dedica ai monocromi, distrugge le sue pipe (che fumava con Xavier quand' erano studenti a Ginevra) dipingendo un significativo Cimitero delle pipe. Nel 1962 è tra gli artefici di «Gruppo 70» con richiami alla '«pop art» per poi tornare alla figurazione con le irriverenti pitture «pompieristiche» (Il pompiere e la modella), le dame, i marinaretti e i d'après.
Xavier, invece, prosegue sul versante del figurativismo. Dopo una breve parentesi nel gruppo «Nuova Corrente», si dedica alla pittura in totale isolamento. Dopo l' indagine delle dinamiche degli affetti familiari, i suoi soggetti saranno bambini e ragazzi solitari , corpi nudi e distesi, figure femminili assorte. Il viaggio in Brasile del 1954 fu determinante: quel soggiorno gli fece conoscere le indigenze di quella parte di mondo. Guarda all' espressionismo dei muralisti messicani e si dedica ad una pittura di denuncia sociale (La paura, Volto, Bambini, Donna che lavora nei campi, Eva).
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