PALERMO. Grandi opere della storia dell’arte siciliana dai depositi di Palazzo Abatellis al museo dell’Università che viene costituito solo per un mese - forse con proroga - e poi ritorno nell’ombra: perché le grandi opere sono tante e non tutto può restare in luce.
Fino al 21 luglio, un mese per guardare venti capolavori mai visti, alcuni del tutto inediti, e oggi restaurati nella mostra sul «Museo dell’Università - Dalla Pinacoteca della Regia Università alla Galleria di Palazzo Abatellis».
Inaugurata ieri dal rettore Fabrizio Micari, una grande esposizione a Palazzo Steri, nella Sala delle Armi in contiguità con la «Quadreria Mediterranea» dell’Università da poco allestita. Opere storicamente impolverate, colpite oggi da un miracolo per caso: erano nel Convento dei Teatini in via Maqueda e lì sono rimaste fino al 1867, con l’unità d’Italia sono state trasferite al Museo Salinas all’Olivella e infine a Palazzo Abatellis.
Opere lì per sempre e fino ad ora, tranne un mese di visibilità, un luglio che potrebbe che potrebbe allungarsi fino alla conclusione dell’estate. Opere tutte da vedere, ritrovare, o scoprire fra i mai visti, in mostra negli orari di apertura dello Steri.
Scelte nella penombra al neon dal direttore dell’Abatellis Gioacchino Barbera, con il sostegno della delegata del rettore ai Beni culturali, Maria Concetta Di Natale e una squadra di esperti per rendere tutto didattico e divulgativo.
Per esempio si avvicina il cellulare a un codice segnato nella cornice del quadro
e sullo schermo si visualizza la storia dell’opera e l’itinerario del suo autore. Il coordinamento tecnico-scientifico di Evelina De Castro e Sergio Intorre, un comitato di esperti e restauratori, dodici autori dei testi, con le schede e le foto dei donatori del passato, il principe dona alla città, il vicerè dona all’Università di Palermo.
Ai testi e alle schede hanno lavorato anche Maria Giuseppina Mazzola, Antonino Giuffrida, Cristina Cistanzo, Valeria Sola, Paola D’Avenia, Cristina La Gala, Marta Livaccari. Ci sono tutte le donazioni più importanti che rappresentano il nucleo originario di quello che si vede oggi nei musei, a partire dalla più nota fra le donazioni, «quella del principe di Belmonte Giuseppe Emmanuele Ventimiglia - segnala Gioacchino Barbera - che nel 1814 poneva le basi per la costituzione di una pubblica pinacoteca con la donazione di 53 dipinti di scuole italiane e straniere fra il Cinque e il Settecento e di una ricca raccolta di disegni e stampe».
«O anche nel 1827 l’acquisizione della ricchissima collezione Bressac, i doni di Francesco I di Borbone - ricorda Maria Concetta Di Natale - oppure il legato testamentario del 1833 del marchese Jacob Joseph Haus».
Tutte donazioni d’arte che diventano un piccolo museo volante e provvisorio, nella storia raccontata dagli esperti che seguono i canali, i restauri: la professoressa Di Natale dalle aule universitarie e Gioacchino Barbera dalla direzione dell’Abatellis.
Trovano e portano fuori dai depositi per esempio il barocco assoluto di Giovanni Odazzi, romano 1663-1731, penalizzato da decenni e lontano da visitatori, dagli sguardi, è un maestro di pale e affreschi realistici che escono dalla cornice e «cadono sugli spettatori»: da oltre settant’anni nessuno guarda la sua «Fuga in Egitto» che splende di luci e colori ed oggi è tra la folla al Museo dell’Università.
In mostra la «Cena in Emmaus» di Pietro Novelli proveniente dalla collezione Bressac, «L’allegoria di casa Farnese» di Giovanni Evangelista Draghi, un dono del re Francesco I alla Regia Università, dipinto di fine Seicento che rappresenta la Fiandra soggiogata e conquistata da Alessandro Farnese, frammento di una grande tela sulla potenza del casato. La religiosità nell’ombra della «Traslazione delle reliquie dei santi Acuzio ed Eutichete» nell’opera di Corrado Giaquinto, maestro napoletano della prima metà del Settecento.
Il mai visto «Gesù e San Giovannino» di Joos Van Cleve, un pittore fiammingo del Quattrocento, le ottocentesche«Teste virili» di Giuseppe Errante: una delle opere mai viste di questa mostra. C’è anche «Abramo e i tre angeli» di Mattia Preti, «dono del marchese Haus ai dignitari della corte borbonica».
Opere di artisti siciliani come Giuseppe Alvino detto il Sozzo, un pittore toscano nato a Palermo nel 1550 e qui morto nel 1611. Un allestimento dal passato ad oggi. Dal buio dell’Abatellis alla luce e passaggio di visitatori a Palazzo Steri. Con l’intervento promozionale del rettore dell’Università Fabrizio Micari che considera importante la collaborazione fra la Galleria di Palazzo Abatellis e l’Ateneo, collaborazione che è anche regolata da una convenzione «e consente ai nostri studenti e dottorandi di confrontarsi con lo studio e l’esame diretto dei materiali artistici e più in generale con la realtà quotidiana del museo».
Per il rettore Micari la mostra vuole proporre all’attenzione dei visitatori, «una selezione accurata e significativa, quei dipinti che un tempo facevano parte del Museo della Regia Università, prima del trasferimento al Salinas, e oggi presenti nei depositi di Palazzo Abatellis, Una scelta di qualità - sottolinea il rettore Micari – con dipinti che per l’occasione sono stati restaurati nei laboratori di Palazzo Abatellis, e riserveranno non poche sorprese al pubblico e forse anche agli addetti ai lavori».
Nella scelta delle opere da esporre sono stati privilegiati i dipinti meno conosciuti, opere che restano fuori dalla cerchia anche degli specialisti. Con l’intento - questa la volontà dei promotori, da Palazzo Abatellis all’Università di Palermo - di offrire almeno una campionatura e un esempio di Museo dell’Università che si presenti con diversi generi: soggetti religiosi, ritratti, battaglie, agiografie, promozioni sacre. Fra le opere in mostra, quasi tutte per la prima volta, ci sono produzioni di artisti siciliani quali Alvino, Novelli, Errante, di altre scuole italiane (Contarini, Micco Spadaro, Schedoni, Preti, Solimena, Giaquinto, Odazzi), tutti autori «che esemplificano al meglio la varietà e la ricchezza delle raccolte originarie e che hanno segnato una straordinaria stagione del collezionismo siciliano».
Per i restauri e gli interventi conservativi sono intervenuti Arabella Bombace, Marcella Glorioso, Concetta Greco, Bianca Pastena, Barbara Risica, Vincenzo La Porta, Antonino Sciortino. Tutto il lavoro preparatorio per la mostra è stato inserito nel catalogo edito dalla New Digital Frontiera, che inaugura una nuova collana di pubblicazioni dell’Università.
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