VENEZIA. Un ciclone così alla Mostra del cinema di Venezia in tanti anni non si era mai visto, con la sala Darsena trasformata in stadio e una rockstar a divertire quasi 3000 persone con battute, ricordi, canzoni. Si perchè Vasco Rossi ha pure canticchiato, neppure lui ha resistito al coro degli hooligans che continuamente lo interrompevano felici di averlo più vicino che mai e in una situazione diversa. L'occasione era l'ormai celebre Decalogo di Vasco, il film documentario di Fabio Masi che andrà in onda il 26 settembre su Raitre, prodotto dalla stessa Rai3. Vasco è un turbine, simpatico, in palla, beve un bicchiere di champagne per dissetarsi e racconta e si svela, aneddoti da morire dal ridere come quando sul finale dell'incontro condotto da Vincenzo Mollica, spiega come andò a Sanremo e come ha studiato da rockstar.
«Vedevo Mick Jagger volevo essere come lui ma nessuno mi filava. Così ho visto come faceva lui: esempio se ti cade il microfono non devi raccoglierlo sembri un imbranato, ti giri neanche lo guardi e te ne vai. Così sei una rockstar. Ci ho messo una vita a togliermi il riflesso
condizionato di non raccoglierlo, prove su prove. Poi sono andato al festival, era con Vado al massimo, ero diversamente lucido ma avevo le idee chiare. Cosi - racconta - concentrato decido che non lo rimetto a posto il microfono nell'asticella perchè se non riesci sembra che stai allo zecchino d'oro. Allora genio penso di metterlo in tasca e di passarlo al cantante dopo che era Cristian, feci cadere tutto e non mi girai, tanto che cazzo me ne frega».
Poi racconta Vita Spericolata e anche qui c'è di mezzo la fissa di essere una rockstar. «Non pensavo di vivere così tanto in quanto rockstar, ero sincronizzato a morire presto, le rockstar muoiono tutte come mosche. Così scrivo Vita Spericolata, una canzone stupenda di quelle che ti vengono una volta nella vita, così almeno una cosa l'ho fatta. Il putiferio a Sanremo? Non me ne fregava niente». La rockstar «è tutto quello che sono e al tempo stesso vorrei essere. L'uomo, cioè io, è in credito».
Vasco al Lido, vestito di lurex come per le grandi occasioni, giacca e borsalino nero, è un fiume in piena, assediato da qualche centinaio di persone. Sente l'atmosfera del cinema e scherza «sono amico di Johnny (Depp), di Robert», dice di essere «un attore inconsapevole» e di aver accettato con fiducia di farsi filmare da Masi. Nel film c'è il regista che gira con la sagoma di cartone di Vasco, mi servirebbe anche a me davanti casa, con tutta questa mania dei selfie, tanto le foto verrebbero bene lo stesso».
Vasco e le canzoni, «fatte delle stessa pasta dei miei sogni», Vasco che è «sincero solo nelle canzoni, racconto lì le mie debolezze, dico cose che non riuscirei a dire neppure ad un amico. Comincio da qualcosa che mi viene in mente, di solito da una donna: la vita è femmina». Cantare invece canta «solo quando sono ubriaco. Se fossi capace di spiegare le canzoni non le scriverei e se incontro una donna smetto, perchè le canzoni sono un modo di sublimare la pulsione sessuale, guardate che non accade mica solo a me ma a tutti gli artisti», dice ai suoi 'fan non comuni' e la sala dei polpettoni cinematografici o dei capolavori viene giù come ad un concertone.
Infine c'è la musica, il tour visto da 600 mila persone, ora il nuovo video Quante volte, con lui in primo piano che si atteggia a colonnello Kurtz di Apocalypse Now e le mani di donna che lo accarezzano, «una fatica resistere e non pensare ad altro con quelle mani lì addosso».
Un tour in giro per l'Italia, «un bel paese anche se non tutto va, ma che volete che funzioni tutto? Mica siamo la Svizzera, bisogna smettere di pensare ai paesi nordici». Sopra a tutta la sua vita c'è la musica, «una grande consolazione. Le canzoni ti cambiano di umore, ti fanno svoltare la giornata, la musica è un grande miracolo e così ti viene da voler bene anche a chi l'ha scritta ecco perchè mi amate, se mi conosceste meglio forse non mi vorreste così bene».
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