A 50 anni «realizzo il mio film della svolta. Viro su una commedia cattiva, spietata, ruvida e forse anche molto più comica, pur restando per tutta la famiglia». Così Leonardo Pieraccioni descrive Il professor Cenerentolo, sul set a Formia, per un'uscita prevista il 10 dicembre. Con lui c'è Laura Chiatti ma non c'è da aspettarsi una commedia romantica con il classico lieto fine.
«Ho esordito nel 1995 con i Laureati, sono 20 anni che mi balocco con il cinema - ricorda -. Ho capito che l'incanto è finito, e il principe azzurro forse si è stinto in tintoria». L'attore e regista, che ha nel cast, fra gli altri anche l'amico Massimo Ceccherini, Flavio Insinna e Davide Marotta, si è regalato quindi «un personaggio totalmente diverso, un disgraziato. Un ruolo più aggressivo che mi sta divertendo molto. È catartico, perchè in realtà il cattivo sono io e il buono è Ceccherini». Basta quindi «con le commedie sentimentali recitate con l'aria ingenua». Anche perchè «il corteggiamento oggi è cambiato, ho tante amiche stanche di uomini che regalano fiori». Finalmente «faccio un film di quelli che amo di più, alla Soliti ignoti, quelli sui disgraziati che si trovano a organizzare un colpo».
Impresa che tenta Umberto (Pieraccioni), «un uomo come tanti oggi, che lavorano lavorano ma non vengono pagati. Allora per salvare la sua azienda prova a sfondare il muro di una banca, ma come tutte le persone perbene, non lo sa fare, viene arrestato e finisce in prigione». Proprio fra le mura del carcere di Ventotene (ricreato per gli esterni sull'isola, dove hanno girato per tre settimane, e per gli interni a Roma) Umberto, che di giorno lavora nella biblioteca del paese, in una sera di dibattito aperto incontra Morgana (Laura Chiatti), una ragazza piena di sorprese. «I due si incontrano, si 'annusanò, si capiscono» dice. Il titolo del film «viene dall'equivoco che nasce fra di noi. Lei pensa che io in carcere ci lavori soltanto, ma quando mi incontra sparisco sempre a mezzanotte, l'ora in cui scadono i miei permessi». Un'idea di trama che al regista, coautore della sceneggiatura con Giovanni Veronesi e Domenico Costanzo, «è venuta una sera che ero andato al carcere di Prato per una proiezione de I Laureati. Al buffet parlavo con tutti, non sapendo se erano assessori che potevano uscire o assessori che restavano tra le sbarre» dice sorridendo.
Altro tema della storia, l'amore paterno del protagonista per la figlia quattordicenne: «Nel film si chiama Martina, proprio come mia figlia che di anni ne ha cinque». Le sorprese riguardano anche il personaggio di Laura Chiatti: «È una 'manfanà, termine toscano che serve per descrivere qualcuno che non parla in stile Accademia della Crusca, anche perchè - sottolinea, guardando la sua coprotagonista - sotto questa struttura molecolare pressochè perfetta, si nasconde un incrocio tra Ceccherini, Maradona e quello del Grande fratello che diceva le parolacce e fu cacciato». L'attrice (che ha da poco finito le riprese di Io che amo solo te, con Riccardo Scamarcio) sottolinea che «per me come approccio al lavoro Leonardo è un regista perfetto, non è pesante non ti fa pipponi sul personaggio. È sempre di buonumore... è un figo».
L'uscita del film a dicembre è per Pieraccioni «la più adatta, per le mie commedie che hanno un pubblico trasversale - spiega -. E dopo il 1 gennaio, quando uscirà il nuovo di Checco Zalone (Quo vado, ndr), si potrebbe incassare solo mettendo il suo poster. D'altronde è un talento eccezionale, ma io sono più bello». Mai stato tentato dai film d'autore? «Me li hanno proposti, ma io non sono di quelli che tengono la mensola buona per il David. Ho la sindrome del cabarettista, se non sento ridere ogni 7, 8 minuti mi prende male». Infine a chi gli chiede un'opinione sulla campagna acquisti della Fiorentina, risponde: «Quest'anno tifo le tre che sono arrivate in serie A, Carpi, Frosinone e Bologna. Mi farò una maglietta a tre. Sono come Renzi pur di pigliarle tutte...».
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