Don Ciotti al corteo antimafia: «La lunga latitanza di Messina Denaro nasconde le latitanze di altri»
Una marea colorata di 70 mila persone, tra cui tantissimi giovani, ha sfilato per le strade di Milano per dire basta alla mafia e per ricordare le tante vittime della criminalità organizzata in Italia e non solo. Dopo 13 anni è tornata nel capoluogo lombardo la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promossa da Libera di don Luigi Ciotti e da Avviso pubblico, proprio quando in città cade il trentennale della strage di via Palestro, che si celebra il 27 luglio. L’evento è stato anche l’occasione per ricordare non solo le vittime di mafia, i cui 1.069 nomi sono stati letti dal palco di piazza Duomo da molte persone, ma anche quelle del naufragio di Cutro, i migranti che hanno perso la vita e i cui nomi sono stati ricordati. «È fondamentale ricordare tutte le vittime innocenti della violenza criminale mafiosa - ha spiegato don Luigi Ciotti, presidente e fondatore di Libera -. È una giornata che noi abbiamo fortemente voluto, ma non dobbiamo neanche dimenticarci che l’80% di questi familiari non conosce la verità o ne conosce solo una parte. Eppure le verità passeggiano per le vie della nostra città, c'è chi ha visto, c'è chi sa». Il significato della cattura di Matteo Messina Denaro, per don Ciotti, «è chiederci» come «questa latitanza nasconda altre latitanze, cioè quella di chi avrebbe dovuto fare di più la propria parte». E ancora: «Non è possibile che una persona per trent'anni sia latitante. Allora non dimentichiamoci che sarebbe stato già arrestato se non ci fosse stato qualcuno che ha impedito tutto questo. Non dimentichiamoci il capo della squadra mobile di Trapani che fu allontanato, un bravo prefetto che fu cacciato via perché stava cercando di fare le cose giuste, i bravi magistrati che stavano indagando e che sono stati un po’ mortificati e anche penalizzati». La latitanza di Messina Denaro serve anche a ricordare che «l'ultima mafia non è mai l’ultima, è sempre la penultima, perché le mafie si risvegliano sempre. Nel loro codice genetico c'è che bisogna sempre sopravvivere, rigenerarsi, cambiare, trasformarsi». «Quella contro la mafia non è una battaglia finita - ha ricordato il sindaco Giuseppe Sala alla partenza del corteo -. Milano è ancora al centro di tanti interessi economici, anche se gli anticorpi che ci siamo fatti in questi anni aiutano». Alla manifestazione ha sfilato anche la segretaria del Pd Elly Schlein che è tornata a Milano dopo la mobilitazione di sabato a difesa delle coppie omogenitoriali. Da parte sua è arrivato un appello al governo perché «sulla lotta alla mafia serve uno sforzo in più». Infatti, la lotta alla criminalità organizzata non si «fa alzando il tetto del contante, non si fa agendo per indebolire le tutele della legalità nel codice degli appalti», ha aggiunto. Al corteo, partito da Porta Venezia e che si è concluso in piazza Duomo, hanno partecipato tanti cittadini, circa 500 familiari delle vittime della criminalità organizzata e la politica, in piazza c'erano anche il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, il segretario della Cgil, Maurizio Landini, Rosy Bindi, Gianni Cuperlo, per citarne solo alcuni. Proprio Fratoianni ha sottolineato che «sarebbe molto grave se non ci fosse qualcuno del governo oggi. Molto grave e un pessimo segnale». La manifestazione si è chiusa con il ricordo dei migranti morti in mare a Cutro, con i nomi che sono stati proiettati sugli schermi accanto al palco mentre don Ciotti ha mostrato una maglietta. La scritta Kr che significa Crotone, il numero 46 è riferito al 46esimo corpo trovato, la lettera M è perché era maschio, la O sbarrata indica che era un bambino al di sotto di un anno.