ROMA. È stata inaugurata oggi, alla presenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando e del governatore del Lazio Nicola Zingaretti, l’esposizione della teca che custodisce i resti della Croma blindata su cui viaggiavano gli uomini della scorta di Giovanni Falcone: Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo. La teca resterà esposta dal 24 al 31 gennaio presso la Galleria Alberto Sordi di Sorgente Group e sarà visitabile tutti i giorni dalle 8.30 alle 21.00. Obiettivo della mostra, promossa dalla Regione, è quello di raccontare la storia di chi viaggiava su quell'auto, i ragazzi della 'Quarto Savona 15' (nome in codice della scorta). «La storia di questo viaggio è la storia di un percorso che non finisce sotto il tritolo del 23 maggio 1992 ma che continua ancora oggi grazie all’impegno della Polizia di Stato e di Tina e Antonio Montinaro, vedova e figlio del caposcorta di Falcone, e che permette a quell'auto di percorrere ulteriori chilometri», sottolinea l’amministrazione regionale. «La Quarto Savona Quindici rappresenta un monito perenne per non dimenticare la strage di Capaci e tutte le vittime innocenti delle mafie - ha spiegato Zingaretti - Abbiamo sentito il dovere di organizzare la tappa romana di un viaggio che, percorre le città dell’Italia per affermare che la memoria di uomini straordinari che hanno perso la vita per la democrazia é viva solo se tutti insieme riusciamo a trasformarla in impegno quotidiano contro tutte le mafie». Orlando ha parlato di una "reliquia laica", e di «un modo per ricordare che la democrazia si fonda sul sacrificio di persone che hanno saputo avere coraggio quando altri non lo hanno avuto». Alla cerimonia hanno partecipato il prefetto Luigi Savina, vice capo vicario della Polizia, il questore di Roma Guido Marino, i vertici delle forze di polizia di Roma e alcuni dei familiari delle vittime, secondo un comunicato della questura della capitale. «La tappa di Roma fa parte di un viaggio che percorre le città dell’Italia - si legge nella nota - per non dimenticare le vittime delle mafie».