Sabato 16 Novembre 2024

Polemica sugli stipendi della Rai. Retribuzioni sopra i 200mila euro. Ecco quanto guadagnano

Monica Maggioni - 330mila euro
Alfredo Meocci - 240mila euro
Anna La Rosa - 240mila euro
Antonio Marano - 390mila euro
Bianca Berlinguer - 280mila euro
Antonio Campo Dall’Orto - 652mila euro
Carlo Verdelli - 320mila euro
Carmen Lasorella - 205mila euro
Gabriele Romagnoli - 230mila euro
Daria Bignardi - 300mila euro
Eleonora Andreatta - 270mila euro
Francesco Pionati - 203mila euro
Marcello Masi - 280mila euro
Mario Orfeo - 320mila euro
Mauro Mazza - 340mila euro
Mauro Mazza
Monica Maggioni
Bianca Berlinguer
Daria Bignardi
Campo Dall’Orto
Mario Orfeo

ROMA. Stipendi dei top manager sopra i 200 mila euro, ma anche consulenze, appalti, bilanci, investimenti e «tutto quello che accade nella sala del consiglio di amministrazione». La Rai si prepara alla grande operazione trasparenza che, come da Riforma, da oggi  la renderà una casa di vetro, seconda in Europa solo alla BBC, con molti dati fino a oggi sensibili resi pubblici online. Ad attenderla c'è però già una bufera di polemiche sui compensi 'stellari' attribuiti a dirigenti e direttori. Ci sono cifre ancora "ufficiose". Si comincia dai capi: Antonio Campo Dall'Orto guadagna 652mila euro l'anno lordi e ha un contratto di tre anni, il presidente Monica Maggioni, invece, guadagna 330mila euro di cui  270mila sono la quota fissa da ex-direttore di Rainews e 60 mila da consigliere. Ma sono tanti pure i manager "posteggiati", eliminati dai quadri dirigenziali, senza un ruolo effettivo ma con stipendi che non passano di certi inosservati. Ad esempio, l'ex del Tg2 e di Raiuno Mauro Mazza guadagna 340mila euro annui. Il notista politico del Tg1 ed ex deputato Francesco Pionati 203mila. L'ex dg Alfredo Meocci 240 mila. Carmen Lasorella, volto del Tg2, 205 mila. Anna La Rosa, ex direttore di Raiparlamento, 240 mila. Lorenza Lei prende 240 mila euro. Tutti assunti con contratti a tempo indeterminato. E ancora. Il direttore della Comunicazione Giovanni Parapini guadagna 260 mila euro più bonus. Costanza Esclapon, che lo aveva preceduto, 320 mila più premi. Il direttore di Raiuno Andrea Fabiano, un interno, è addirittura fuori dalla lista perché sotto la soglia dei 200 mila euro. Così come il capo staff portato dall'ad, Guido Rossi: il suo predecessore, Carlo Nardello, prende invece 302 mila euro. Il direttore del Tg1 Mario Orfeo, invece, 320 mila. Chi c'era prima si muoveva intorno ai 500 mila e lo stesso Orfeo, al Messaggero, prendeva 410 mila euro annui. Marcello Masi (Tg2) prende 280 mila, la stessa cifra di Bianca Berlinguer (Tg3). Dg e presidente non si sbottonano ma sulle indiscrezioni riportate ieri da diversi quotidiani puntano il dito in molti, da Di Battista di 5Stelle che parla di stipendi «vergognosi» al segretario dem della Vigilanza Rai Michele Anzaldi («compensi ben oltre il tetto imposto dal governo») fino al presidente Pd Matteo Orfini che sottolinea come molti dei «beneficiari non hanno alcun mercato». Maggioni e Campo Dall'Orto si dicono sereni: «Per noi è una giornata molto importante», dicono raccontando come questa rivoluzione «non sia solo un obbligo, ma un'opportunità», «parte del servizio pubblico» e «un modo per essere coerenti con il percorso di un paese». Trasparenza, dice Maggioni, «vuol dire responsabilità, perchè con i curricula pubblicati si potrà capire chi sono le persone ai vertici e quali capacità hanno». Trasparenza, aggiunge Dall'Orto, «è sorella dell'innovazione. Non ci limiteremo al rispetto della norma, vogliamo portare online tutto quello che ci è consentito: abbiamo inserito anche gli stipendi del 2015 e da gennaio ci sarà il Qualitel. Sarà importante vedere l'effetto su un paese che ha bisogno di innovarsi». Attenzione e polemiche oggi però sono tutte su quei compensi di cui si favoleggiano già cifre da capogiro in piena spending review e che da domani (ma solo al termine del cda convocato nel pomeriggio) saranno definitivamente svelati. «Le prime indiscrezioni - scrive su Facebook Anzaldi - mostrano decine di compensi ben oltre il tetto imposto dal governo ai manager pubblici (240mila euro, comunque un signor stipendio), anche per dirigenti, conduttori e direttori di cui i telespettatori hanno da tempo perso qualsiasi memoria». Stipendi «vergognosi» con «medie da 300 mila euro all'anno. Smentita l'ennesima balla di Renzi», incalza Di Battista (M5S). «Alcuni di quei compensi sono più che giustificati - commenta Matteo Orfini (PD) - Il problema è che molti dei beneficiari non hanno alcun mercato: sono dove sono solo ed esclusivamente per il rapporto incestuoso che per anni l'azienda ha avuto con la politica». Sui danni che la politica in passato ha perpetrato sulla Rai sono d'accordo anche i vertici dell'azienda. Ma sui numeri la versione è diversa. «Nessuna bufera» interna, assicura la Maggioni, insistendo sul fatto che direttori e dirigenti svolgono un lavoro «enorme» con «grandi responsabilità» e «tutto questo va pagato». Anche perchè il tetto dei 240 mila«per noi non si applica, superato da tempo» dall'emissione del bond, spiega Dall'Orto alla stampa, «sereno» anche per il risultato dell'analisi retributiva condotta da Korn Ferry - Hay Group che ha confrontato gli stipendi di dirigenti e giornalisti Rai da 200 mila euro in su con quelli di altre aziende italiane ed europee. Il risultato, si legge, «è di un posizionamento in linea con la mediana del mercato» e per il top management anche «significativamente inferiore: in media del 15%». Un'altra indagine interna, riportano dalla Rai, rivela anche che «dal 2012 a oggi il costo della retribuzione dei dirigenti è sceso del 5%, quello dei dirigenti giornalisti del 6,4%». Semmai, commenta il dg, «sono più preoccupato che da domani» con la pubblicazione delle cifre «qualcuno possa essere sedotto da altre proposte e andare a guadagnare di più fuori». E il mercato è il motivo per cui, come da norma, non verranno resi noti, invece, gli stipendi delle star. La trasparenza, aggiunge il dg, aiuterà anche il problema dei contenziosi, provocati spesso «dall'immutabilità del ruolo» prevista nei vecchi contratti perchè «la pressione aiuta a modificare strutturalmente i rapporti». Quanto ai dirigenti senza collocazione, anch'essi al centro di polemiche, «l'intenzione è che il numero vada a zero. Più difficile è per la parte giornalistica».

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