Le premiazioni sono sempre momenti forti, imprevedibili con l’emozione che può travolgere. La cerimonia di chiusura di Venezia 78 è stata così: potente, toccante. La foto ricordo è l’abbraccio commovente tra la regista francese Audrey Diwan, vincitrice del Leone d’oro con L’Evenement, un film lucido, freddo «ma che tocca la pancia e il cuore parlando di un tema come l’aborto clandestino che ancora oggi le donne sono costrette a subire in molti paesi» e la sua protagonista, l’attrice franco-romena Anamaria Vartolomei, chiamata sul palco della Sala Grande a condividere il premio per aver interpretato un film che «è come fare un viaggio nella pelle delle donne».
Ma non solo loro, perché anche il Leone d’argento-Gran premio speciale della giuria Paolo Sorrentino con È stata la mano di Dio si è lasciato andare all’emozione. Dopo i ringraziamenti a Netflix «che inspiegabilmente mi ha dato fiducia» e a tutti i produttori, ha spiegato alla platea che «non era un film facile». Poi non ce l’ha fatta: «Ringrazio i miei genitori - la loro morte è nel film ndr -, Maradona, i miei fratelli, mia moglie Daniela che sono 20 anni e passa che mi sopporta e i miei figli Anna e Carlo. Qualcuno antipatico dice perché fai un altro film con Toni Servillo? Guarda dove sono arrivato facendo film con Toni Servillo», ha detto rivolgendo lo sguardo all’attore seduto in platea e che in È stata la mano di Dio interpreta il genitore del protagonista. Sorrentino ha voluto ringraziare chi lo ha accolto da ragazzo, «Antonio Capuano e Umberto Contarello». Poi con le lacrime ha voluto salutare «Nicola Giuliano, il mio più caro amico» (e produttore di tutti i suoi film, tranne questo, ndr). «Due scene non ci sono nel film ma le ho sognate: un ometto su un campo di calcio ed era Maradona e poi un’altra scena: quando ci fu il funerale dei miei genitori, il preside della mia scuola mandò solo quattro compagni di classe in delegazione, io ci rimasi malissimo, oggi mi ha raggiunto la classe intera: siete voi», ha detto davvero emozionato.
Poco prima l’alter ego di Sorrentino nel film, ossia Fabietto, Filippo Scotti, ha ritirato un premio importante, il Leone del futuro all’attore emergente, andato negli anni a tanti interpreti che hanno fatto strada. La giuria guidata da Bong Joo-ho ha applaudito, dimostrando che il verdetto di Venezia 78 era stato condiviso. «Abbiamo amato il tuo film», ha detto il regista di Parasite alla francese Diwan (L’Evenement uscirà in sala ad ottobre con Europictures).
E poi ancora Italia con Michelangelo Frammartino, il regista speleologo del Buco, cui è andato il premio speciale della giuria. «Grazie al direttore che ci ha invitato al concorso, alla giuria e ai compagni di viaggio, al grande spelologo calabrese Antonio La Rocca, grazie ai produttori che hanno creduto in questo salto nel buio. Grazie agli speleologi che si prendono cura del buio e di tutto ciò che non ha ancora forma e grazie alla Calabria, la regione più bella di Italia», ha detto con emozione.
Sul palco Jane Campion, Leone d’argento per la regia di The Power of the Dog e Penelope Cruz, coppa Volpi per Madres Paralelas di Almodovar. «Ti adoro Pedro, grazie per ispirarmi ogni giorno dentro e fuori il set», ha detto l’attrice spagnola, che ha dedicato il premio al suo compagno Javier Bardem, ai figlio Leo e Luna, alla suocera Pilar Bardem, attrice anche lei e alle «madri fragili».
Anche Maggie Gyllenhaal, regista debuttante, premiata per la sceneggiatura di The Lost Daughter, un film sulla scelta di una madre lavoratrice che non riesce a gestire la fatica del doppio ruolo vissuto come una prigione da cui scappare, si è commossa, «ci sono silenzi da rompere, di alcuni segreti bisogna cominciare a parlare per non sentirsi sole». Al di là degli altri momenti salienti (l'emozione ansiogena di Laura Calamy, premiata a Orizzonti, il fiume di ringraziamenti, incluso l’ex boyfriend, per la regista Monica Stan che con George Chiper-Lillemark ha vinto con Imaculat alle Giornate degli autori), un segnale forte emerge da Venezia 78: fatta eccezione per Sorrentino e Frammartino, gli altri premi più importanti parlano delle donne e della maternità, di tabù da rompere e di complessità dell’essere femminile: la pratica oscena dell’aborto clandestino con le mammane ad infilare ferri ancora oggi sì, ma soprattutto una ragazza che non vuole diventare madre e ne rivendica il diritto (L'Evenement), la madre snaturata di The Last Daughter, le madri parallele di Almodovar fragili e impanicate.
Ci sono registe donne che vincono i premi e dopo la Julia Ducorneau di Titane a Cannes, è toccato ad Audrey Diwan di L'Evenement e madri cinematografiche apripista come Jane Campion premiata. Le donne rompono tetti di cristallo se solo hanno la possibilità. Di Venezia 78 resta questo e la vitalità del cinema mai così bello, e di quello italiano che torna a vincere. A cerimonia finita la folla aspettava i vincitori: «Ho visto Sorrentino, Ho visto Sorrentino», ritmavano i ragazzi fuori. Il prossimo capitolo è un viaggio per Los Angeles.
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