Quel corpicino che galleggiava, senza vita, in una pozzanghera nelle favelas di San Paolo, in Brasile, era di un bambino povero. Era in un campo internazionale di volontariato e quella immagine ha cambiato la sua vita. La miseria, il degrado, la mancanza di tutto, delle cose più basilari e scontate, l’aveva vista pure in casa sua, tra quei vicoli del Capo dove andava a giocare ai Cavalieri della tavola rotonda. Fabrizio Ferrandelli è nato nel cuore della Zisa il 15 settembre del 1980 e ha subito capito quello che avrebbe voluto fare di mestiere: occuparsi dei diritti negati e insegnare a chi ne veniva privato a guadagnarli attraverso la conoscenza, l’istruzione e la consapevolezza che assieme si vince. Oggi, che è candidato per la terza volta alla poltrona più importante di Palazzo delle Aquile, quello slogan è più che mai entrato nel suo dna politico. Padre di Bruna e Aurelia, è laureato in Lettere Moderne e dal 2004 ha iniziato a lavorare all’ufficio coordinamento rete della Popolare Sant’Angelo. In banca si trattano pratiche e numeri, al Comune si valutano bisogni estesi e diversificati. La conosce bene, la gente «normale», quella delle periferie e degli angoli nascosti del centro storico dove ha trascorso infanzia e adolescenza condividendo ciò che si poteva. «Ci facevamo dare i rocchetti dei tessuti dai titolari delle botteghe - racconta - e li trasformavamo in lance per combattere in nome di re Artù». Lui era più fortunato di alcuni compagni di gioco. Il padre Enzo è stato un calciatore professionista, la madre terapeuta della riabilitazione. Ricorda le trasferte per seguire le partite del Siracusa in serie C e la scorta della polizia che li accompagnava fuori dagli stadi dopo che il padre, attaccante con la maglia numero 10, segnava, capovolgendo ogni pronostico. genitori giovanissimi e impegnati, Fabrizio è cresciuto con i nonni. Cristofaro, detto «Totuccio» era il suo faro, il suo punto di riferimento per ogni cosa. Faceva il vigile urbano e si portava dietro quel nipotino, per mano, in ogni posto. «Conosco le vie e i vicoli palmo a palmo - dice Ferrandelli - proprio grazie a mio nonno che seguivo in via Dogali. Mi ha insegnato cosa significa stare in strada e a cavarmela da solo». È il candidato «on the road» per antonomasia, il volto più popolare nei quartieri a rischio tanto quanto in quelli residenziali. Ha frequentato la elementare Gabetti alla Zisa, poi il liceo classico Vittorio Emanuele II, dove è cominciata la sua «carriera» politica. Anni di contestazioni, assemblee, direttivi. «La mia passione per la politica nasce ai tempi del liceo - racconta il candidato sindaco -, quando ho iniziato a fare volontariato nell’associazionismo locale fino a fondare, nel 2006, Ubuntu, che ancora oggi in autonomia è attiva e ha l’obiettivo principale di sostenere le famiglie e le persone immigrate a Palermo, costruendo relazioni sociali e una rete di supporto basate sul rispetto e sulla reciprocità. La lezione di solidarietà l’ho appresa, questa volta, in Amazzonia». Caratteristica principale dell’associazione è l’attenzione posta all’educazione interculturale e agli approcci metodologici inclusivi incentrati sulle pratiche di apprendimento non formale e finalizzati a promuovere l’educazione dei bambini, delle bambine e dei giovani con il coinvolgimento delle loro famiglie. Poi dai 26 anni consigliere comunale dal 2007 (non mi sono mai considerato il delfino di Luca Orlando) e ancora dal 2013 al 2015 è stato deputato regionale e vicepresidente della Commissione Antimafia. «Mi sono dimesso nel giorno dell’anniversario della strage di via D’Amelio, in segno di vicinanza e solidarietà verso Manfredi e Lucia Borsellino, che si era dimessa pochi giorni prima dalla giunta regionale di cui era titolare della delega alla Sanità», precisa. Ha fondato il movimento Coraggiosi, con una squadra straordinaria di giovani ed è presidente dell’Assemblea nazionale di +Europa: tra i più grandi hobby ci sono le passeggiate tra i vicoli («che conosco a memoria») e le escursioni a Monte Pellegrino, imparate grazie al gruppo scout Palermo 15 al Capo. Assolutamente compatibili con lo sport che pratica, la corsa. Quando alle sue figlie viene chiesto che lavoro fa il papà rispondono «il guardiano della città» (per tutte le volte che esco da casa dicendo che devo risolvere un problema)... ma sopratutto «è uno che parla, parla...». Squilla il telefono e Ferrandelli è... Pronto.