Lunedì 23 Dicembre 2024

Donato, femme ribelle che ama Flaubert

 
 
 
 
 

Combattiva, indipendente, irregolare, bastian contrario, controversa, autonoma, battagliera, divisiva, trasversale, irrequieta. A volte eccessiva. Gli aggettivi utilizzabili per acchiappare un po’ del carattere di Francesca Donato sono molti. Ognuno coglie solo un aspetto di questo avvocato civilista, classe 1969, nata sotto il segno della Vergine, che dal 2018 è un europarlamentare eletta sotto le insegne della Lega («da indipendente», precisa) da cui poi si è allontanata. Ora tenta l’assalto a Palazzo delle Aquile, sia pure armata di due sole liste, una delle quali Comunisti Italiani  di Marco Rizzo, giocando la carta del decisionismo e dell’essere interprete di un malessere diffuso e di una certa ostilità al mondo delle istituzioni centralizzate. Per Palermo desidera più impresa, meno burocrazia, maggiore attenzione per i giovani. Butta a mare l’esperienza Orlando degli ultimi dieci anni: «Nelle prime sindacature ha fatto delle cose molto buone come il recupero di siti culturali come il Massimo e lo Spasimo, e poi il rilancio dell’immagine. Ma non ha voluto occuparsi del tema lavoro, non ha saputo dare una macchina amministrative efficiente. E sul fronte periferie e gestione dei rifiuti la situazione è pessima». Secondo il suo giudizio - non sempre moderato e condivisibile - «la politica fa prevalere una linea ossequiosa alle direttive dall’Ue – spiega -. Appiattita, cioè, su interessi non italiani ma esteri». Questa è stata la ragione, racconta, del suo progressivo impegno in politica, dei suoi studi da autodidatta di macroeconomia fino alle sue idee che l’hanno, in tempi di pandemia, portata a diventare la paladina di certi irriducibili no-vax e di coloro che hanno detto no a un certo uso della mascherina. Su questo lei non fa passi indietro né sembra essere punta da una qualche forma di recriminazione. «Sostenevo che i vaccini non bloccano l’infezione e contagi e così s’è dimostrato; avevamo detto che con le cure precoci si guarisce, mentre la macchina sanitaria ha omesso di salvare migliaia di vite perché i protocolli con tachipirina e vigile attesa hanno impedito di farlo. E poi decine di migliaia di casi avversi sono sostanzialmente sottovalutati e queste persone abbandonate». Nata ad Ancona nel 1969, «ma ci sono stata appena un anno, non mi sento marchigiana», ha vissuto in nove città diverse. S’iscrive al liceo linguistico di Mestre, ma la sua città di riferimento negli anni della giovinezza è Padova (lì è nato il padre, la mamma è trentina), dove si iscrive a Giurisprudenza. «Ma poi mi sono laureata a Modena», rievoca. Sente comunque di appartenere a Palermo «al cento per cento». Anche se, per una come lei, la parola appartenenza ha qualcosa di sfuggente: ha vissuto in nove città diverse, trascorre 4 giorni a settimana a Bruxelles, si è messa contro il partito che l’aveva accolta nelle sue liste per difendere la sua contrarietà al green pass. Ma in effetti qui, 23 anni fa, è venuta a vivere dopo essersi sposata con l’imprenditore Angelo Onorato, con cui ha fatto due figli: Salvatore, 22 anni, studente del Conservatorio, e Carolina, 19 anni, in Svezia dove frequenta l’università delle Belle arti. Lei ama fare discutere, questo è indubbio. E forse il suo spirito da femme révoltée deve molto alla sua infatuazione per un capolavoro come Madame Bovary. «Flaubert come scrittore – dice – offre un’analisi strepitosa della psicologia femminile. A parte la sua scrittura, meravigliosa…». I suoi gusti letterari tengono sempre un po’ della insoddisfatta narrativa flaubertiana; infatti, passando ai poeti la sua predilezione vira su Eugenio Montale, quello del «non domandarci la formula/che mondi possa aprirti». In gioventù ha praticato sport a corpo libero, facendo in tempo a coltivare una passione per la musica: rock, soprattutto. Se dovesse dare una colonna sonora alla sua vita attaccherebbe la raccolta Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd. Ha fatto l’imprenditrice gestendo un negozio di mobili avviato dal marito, poi uno di ceramiche e oggettistica: «Mi è bastato per toccare con mano le difficoltà che incontra il tessuto produttivo a queste latitudini». Tuttavia, le asprezze logistiche e burocratiche della Sicilia non le hanno impedito di amarla. E con essa anche le sue specialità: «Sarde a beccafico, sopra ogni cosa», ride. Ha il pollice verde e nel tempo libero si dedica al giardino della sua villa. Le sue posizioni politiche, però, non la soddisfano appieno se non fanno discutere. L’ultima le è valsa l’appellativo di filoputiniana. «Purtroppo in questo paese – dice - non è possibile esprimere idee critiche senza un’etichetta discriminatoria». La sua idea è una «netta contrarietà alla fornitura di armi all’Ucraina e delle sanzioni alla Russia perché il costo che pagheremo per queste scelte sarà devastante e l’utilità zero». Nemmeno il rilievo che così si condanna un paese all’aggressione senza potersi difendere è dirimente per la Donato: «Se per ogni paese del mondo che entra in guerra dovessimo mandare le armi non smetteremmo più. Palestina, i curdi, lo Yemen, come la mettiamo?». Una donna che ama sentieri scomodi, scoscesi, spesso inesplorati. Ed è la ragione, probabilmente, per cui raccoglie consensi laterali che non t’aspetti. Come quello dell’ex pm antimafia, Antonio Ingroia e quello di Marco Rizzo. «Può apparire contraddittorio, ma col comunista Rizzo molte idee ci legano: la difesa della pace e la contrarietà all’escalation militare, la tutela dei lavoratori, la critica alla gestione del green pass…».

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