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Voglia perenne di viaggiare? Tutta questione di Dna

ROMA. Questione di Dna: la predisposizione a partire o a rimanere comodi a casa è tutto racchiuso nei nostri geni.

C'è chi l'ha definito Wanderlust questo amore per i viaggi, che non si esaurisce dopo l'ultima meta raggiunta.

Secondo una ricerca, tutti questi fattori sono riconducibili ad un gene nel nostro Dna. La voglia perenne di viaggiare, infatti, si può ricollegare a
un derivato genetico del gene DRD4, che è associato ai livelli di dopamina nel cervello. Il gene vero e proprio, chiamato DRD4-7R è stato
rinominato il gene della Wanderlust, grazie alla sua correlazione con grandi livelli di curiosità e irrequietezza.

Questo gene però non è presente in tutti: solo il 20% della popolazione ce l'ha ed è più comune nelle regioni in cui il passato e la storia hanno
spinto i popoli a migrare.

Un altro studio del 1999, afferma che le popolazioni che si sono allontanate dal continente africano sono più predisposte ad avere questo gene
nel loro Dna. Un'altra ricerca fatta da David Dobbs della National Geographic, invece, sostiene che il gene DND4-7R appartiene a persone che
sono "più predisposte al rischio, a esplorare nuovi posti, cibi, idee, relazioni, droghe o opportunità sessuali". Dobbs conferma anche che questo
gene è più comune tra i popoli moderni che hanno affrontato una storia di spostamenti e trasferimenti nel tempo.

Jim Noonan, invece, tratta l'argomento facendone una questione di razza: abilità, destrezza, gambe ci permettono di percorrere lunghe distanze
e un cervello in grado di elaborare processi immaginativi "compongono un insieme unico di tratti, fatto apposta per stimolare l’esplorazione".

L'ultima ricerca è quella di Garret Lo Porto dell'Huffington Post il quale sostiene che il gene DRD4-7R sia causato da un comportamento che
risale ai tempi dell'uomo di Neanderthal. Chi lo possiede dunque sarebbe "fuori controllo".

 

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