RAGUSA. Finalmente anche la fava cottoia di Modica rientra nel circuito virtuoso dei presidi Slow Food a sottolineare l’importanza del ritorno alle radici del territorio ibleo contro l’omologazione del gusto.
Dopo un lungo percorso che era cominciato a Modica con l’identificazione dei prodotti a denominazione Deco, ora l’importante riconoscimento per un prodotto che ha ricoperto sin dall'antichità un ruolo notevole sia come alimento sia come coltura miglioratrice nella rotazione agraria.
La fava cottoia di Modica, detta così perché cuoce prima rispetto ad una qualsiasi fava tradizionale, è un legume che risponde a quelle caratteristiche di bontà e di biodiversità che sono i presupposti fondamentali per fare parte del circuito di Slow Food. La sua produzione oggi è affidata a circa trenta aziende agricole per una superficie in media di circa un ettaro ciascuna. Considerando una produzione di circa dieci quintali per ettaro, ogni anno si producono mediamente trecento quintali. Attualmente i produttori che si sono riuniti nell'Associazione della Confraternita della Fava Cottoia sono 15.
«La vendita - spiega Salvatore Cassarino, rappresentante della Confraternita - è solo locale. Sinora il reddito è derivato dall'utilizzo di questo prodotto nelle tavole dei modicani. Ancora manca una vera e propria organizzazione commerciale. La fava è stata sempre venduta sfusa, ma noi produttori ci stiamo ora muovendo per la vendita del prodotto con un adeguato packaging che ne garantisca la tracciabilità e non solo, anche in quarta gamma in modo tale da essere facile da consumare perché pronto all'uso».
Un prodotto da nicchia che merita di essere tutelato e promosso per quel legame speciale con il suo territorio e per quel patrimonio nutrizionale unico frutto dei particolari terreni che caratterizzano alcune contrade, dalla natura principalmente calcarea-silicea-argillosa e ricchi in sostanza organica. «Grazie al presidio - spiega Giuseppe Cicero, dirigente dell'assessorato regionale alle Risorse Agricole, che ha seguito l'iter per l'inserimento nel paniere di Slow Food - la fava cottoia potrà essere più facilmente salvaguardata dalle contraffazioni e sarà più riconosciuta».
In termini commerciali il riconoscimento potrà avere una ricaduta molto positiva se i produttori sapranno gestire in modo corretto l'opportunità ricevuta. Se prendiamo a modello quanto accaduto con il presidio del fagiolo cosaruciaru di Scicli, lo stesso ha avuto un incremento sia in termini di produzione che di prezzo al chilogrammo: si è triplicata la produzione e parallelamente il prezzo è diventato più remunerativo per i produttori che continuano ad aumentare la superficie messa a coltura. Tutto questo si è verificato nel biennio a cavallo del riconoscimento di presidio avvenuto nel maggio 2012. Il movimento Slow Food, infatti, essendo presente in gran parte del mondo, consente l'incontro tra domanda e offerta tra persone che si riconoscono nei principi del movimento stesso. Anche per la fava dunque è auspicabile lo stesso percorso. Un prodotto dunque che va fatto conoscere, proposto non più come alimento «necessario» per sostituire la carne così come si faceva in passato, ma per riscoprire il «piacere della tavola», accostandola con altri alimenti tradizionali quali il pane di grano duro, le verdure spontanee e il vino locale.
Infine da non dimenticare l'importanza agronomica che riveste nella rotazione agraria: la fava cottoia si presta infatti alla sostenibilità ambientale. «Questo legume - conclude Cicero - si adatta ai principi salienti delle coltivazioni ecosostenibili, in quanto oltre ad essere una miglioratrice della fertilità dei suoli, non necessita di particolari apporti di elementi nutritivi e curativi avvantaggiandosi molto dello storico concime di stalla, molto presente negli ambienti di produzione».
Slow food sceglie ancora la Sicilia Premiata la Fava cottoia di Modica
Riconoscimento per questo prodotto, che ha ricoperto sin dall’antichità un ruolo notevole sia come alimento che come coltura miglioratrice nella rotazione agraria
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