PALERMO. Quasi tutto pronto per le dolcezze carnevalesche e countdown iniziato per i giorni più festaioli e allegri dell'anno. Non solo sfilate e costumi, coriandoli e maschere, ma anche leccornie e prelibatezze varie.
«Cenci al forno e fritti, la pignoccata, i cannoli con la ricotta colorata. Sono questi i dolci caratteristici, come vuole la tradizione», dice Riccardo Costa che continua egregiamente la tradizione pasticcera siciliana del padre Antonino, che da cinquant'anni nel bar omonimo preparano i dolci secondo le più antiche ricette siciliane e secondo l'alta qualità delle materie prime. «Anche se per carnevale non c'è un solo dolce specifico. Da noi, la frutta martorana in questo periodo è anche a forma di maialino e di ranocchio, molto colorata. Ma gli ingredienti restano di prima qualità, come sempre. Mandorle e pochissimo zucchero. E poi, tanta manualità nel modellarlo e nel dipingerlo».
Se etimologicamente «carnevale» preannuncia la dieta ferrea quaresimale, ed era necessario fare il pieno di calorie, proteine e grassi, non ci stupiscono di certo le ricette. Ecco perché, i cibi rituali di questo periodo sono così iper calorici. Le chiacchiere, forse la specialità più identificativa del Carnevale, «sono da noi il risultato di ingredienti semplici, quali farina, uova, burro e aromi naturali, cannella. Tutto rigorosamente artigianale, per avere nella sua semplicità un prodotto di eccellenza». Lo ribadisce anche Salvatore Cappello, che continua con merito l'attività iniziata a Palermo.
«I dolci di Carnevale sono fatti con ingredienti poveri. Farina, acqua, burro, uova. Sono i fritti a caratterizzarli, facendoli diventare ricchi di grassi. Non solo a Palermo, ma in tutta Italia è questa la peculiarità. Oltre le chiacchiere, anche la pignoccata palermitana e messinese, ovvero degli gnocchetti, simili alle nocciole per grandezza, di pasta fritta accorpata allo zucchero e al miele. Con la variante bicolore, bianco e nero, per quella messinese, dove a caratterizzarli sono lo zucchero fondente al limone e al cioccolato». Certo è che sono dolci che si trovano solo in questo periodo. «A carnevale? Si deve peccare ed è anche questo il momento migliore per farlo. Poi iniziano le belle giornate e con esse la dieta».
Come vuole la tradizione, insomma. È lo stesso Vincenzo Candiano ad esserne convinto, chef pluristellato de La Locanda San Serafino di Ragusa Ibla. «Anche se oggi non è più sentita come prima, questa festività riecheggia nei ricordi di infanzia, con gli odori e i sapori che mi accompagnavano. A Scicli, mio paese di origine, c'era la festa per strada. Si correva in maschera tra coriandoli e scherzi, e si mangiava il panino con la salsiccia». L'odore di salsiccia arrosto, accompagnato da vino e chiacchiere, alcuni dei sapori distintivi della tradizione siciliana. «Nella mia cucina, cerco di tenere in considerazione i ricordi. Il sapore fragrante della chiacchiera, ad esempio, o l'idea (perché no) dei cibi in maschera».
Carnevale anche nelle ricette, quindi. Ironico e fantasioso, l'arte di Candiano trasforma così questa festa in una vera scoperta, di tutti i singoli ingredienti. E se dovesse preparare un menu interamente dedicato al Carnevale, lo farebbe altresì in modo scherzoso e mascherato. «Un qualcosa di salato, mascherato in dolce. Come un finto cono gelato alla vaniglia con amarena e pistacchio, che invece nasconde baccalà mantecato, e la purpurea salsa di barbabietola in agrodolce». E il "finto" pistacchio? Creato con ricotta molto asciutta lavorata a piccole palline, erba cipollina, caciocavallo e pesto di pistacchio. «Cosi come un dessert, che si trasforma in un quasi-dessert che strizza l'occhio al carnevale, che non sai come prenderlo, se dolce o salato, perché a Carnevale ogni scherzo vale». Parola di un chef. Di un grande chef.