Cresce il consumo del pomodoro IGP di Pachino. Il valore aggiunto dato dal marchio ha dato i risultati sperati. I quantitativi venduti sono passati da 4,3 milioni di chili del 2012 a 5,7 milioni del 2013. «Si tratta di un risultato notevole - spiega Sebastiano Fortunato, presidente del Consorzio di Tutela del pomodoro IGP di Pachino - che, accompagnato anche dal dato in crescita del prezzo medio (seppur inferiore alle nostre attese e a quelle, legittime, dei nostri produttori), ci fa ben sperare. Probabilmente questo ci indica che la via che abbiamo battuto in questi anni, sebbene sia difficile e spesso abbia bisogno di tempi lunghi e una programmazione lungimirante, è quella giusta».
Insomma il 2013 è andato abbastanza bene sotto molti aspetti, sebbene la chiusura dell'anno imminente imponga ancora cautela nel fornire i dati definitivi che sono in fase di revisione. Ma una cosa è certa e cioè che l'attenzione verso il pomodoro di Pachino è molto cresciuta. Nonostante quindi la crisi economica e la discesa nei consumi di cibo, paradossalmente prodotti a marchio IGP quale il pomodoro di Pachino non seguono questa tendenza, complici le riconosciute qualità sia in termini di sicurezza alimentare che di proprietà organolettiche eccezionali. Il pomodoro di Pachino, lo ricordiamo, nelle tipologie tondo liscio, costoluto e ciliegino o cherry, prodotto nell'intero territorio comunale di Pachino e Portopalo di Capo Passero e parte dei territori comunali di Noto ed Ispica, si distingue dagli altri pomodori per il sapore, la consistenza della polpa, la lucentezza del frutto, la lunga durata post-raccolta nonché l'elevato contenuto di sostanze antiossidanti.
A conferire al prodotto tali caratteristiche qualitative sono, oltre alle tecniche di produzione adottate dai produttori, le particolari condizioni pedo-climatiche della zona che si ripercuotono positivamente sul prodotto. Ritornando ai consumi, va detto che questi sono localizzati soprattutto in Italia, tra Roma e Milano. «La Germania e la Francia sono potenzialmente interessati- spiega Fortunato- anche se il prodotto non è ancora ben diffuso in questi paesi. La grande sfida dei prossimi anni, tuttavia, si chiama «internazionalizzazione»: ci sono miriadi di mercati nuovi che sono potenziali consumatori del nostro prodotto. Stiamo già lavorando su un progetto che possa sempre più allargare le frontiere della nostra esportazione». Tutti aspetti che fanno di certo ben sperare gli oltre cento produttori aderenti al Consorzio, il quale sta lavorando a creare una base sempre più larga puntando su campagne di sensibilizzazione per i produttori. «Tra gli obiettivi del 2014 - ci confida il presidente del Consorzio - c'è innanzitutto quello di aggiungere altre varietà al disciplinare, come ad esempio il datterino, e rafforzare la campagna di tutela e controllo attraverso un monitoraggio sempre più serrato. Ci auguriamo di essere sostenuti in questo percorso dalle istituzioni. Saremo inoltre presenti nelle principali fiere del settore, tra cui quella imminente di Berlino. I risultati da raggiungere sono tanti e complessi, ma posso dire con soddisfazione che si tratta di mete verso cui camminiamo con grande esperienza e consapevolezza».