Nella moda è una tendenza affermata ormai da anni, vestirsi bene spendendo poco. Adesso, però, per colpa della crisi, del numero crescente di persone che perdono il lavoro e di stipendi con cui è difficile arrivare a fine mese, il «low cost» è entrato con forza anche in un altro settore: quello alimentare. È ormai dilagante, infatti, l’abitudine a fare la spesa facendo attenzione al prezzo.
E così, tra i corridoi dei supermercati gli acquirenti si muovono con i loro carrelli alla ricerca di promozioni, offerte speciali e – soprattutto da un paio di anni a questa parte – di prodotti non di marca, sfusi o in scadenza. Quelli, cioè, che costano meno, senza per questo non essere buoni e di qualità.
«Al Sud – esordisce Francesco Leonardi, direttore dell’Auchan del centro commerciale Conca d’Oro, a Palermo – un articolo su due è comprato in promozione. Un dato che rispecchia i tempi che stiamo vivendo». Anni duri che hanno spinto i consumatori a rivedere il loro modo di fare la spesa: «Rispetto allo scorso anno – continua Leonardi –, nel nostro ipermercato l’acquisto dei prodotti sfusi è aumentato del 30 percento, mentre è raddoppiato quello dei cibi a breve scadenza». Sempre più spesso, infatti, i negozi si adoperano per vendere nelle prime ore della mattina, scontati fino al 50 percento, tutti i prodotti in scadenza da lì a pochi giorni: «Nessuna marca esclusa – continua Francesco Leonardi, di Auchan –. Ogni giorno abbiamo una media di 400 clienti interessati a questo tipo di offerta, gente di ogni livello sociale. Cosa mangiare si decide giorno dopo giorno, sulla base di ciò che si trova a meno prezzo. Basti pensare – conclude – che i clienti vengono al supermercato in media due volte al mese, per fare una spesa che non supera i 35 euro a volta».
A confermare che le cose, ormai, vanno così un po’ ovunque, è anche Mario Cristaudo, direttore di Ipercoop Palermo Borgonuovo: «La spesa media mensile è calata del 3,4% – dichiara –, i discount, canali di riferimento per i prodotti non di marca, hanno registrato una crescita di fatturato del 4,1 percento. La vendita dei nostri prodotti di primo prezzo e a marchio – aggiunge – è cresciuta, negli ultimi due anni, di oltre il 50 percento».
E se è vero che aumenta la vendita delle materie prime e che si abbandonano i prodotti di marca, è pur vero che i consumatori non sono disposti a tagliare sulla tecnologia: «Per tablet, computer e cellulari – sottolinea Cristaudo – l’acquisto dell’ultimo modello di marca appare irrinunciabile». Al contrario, abbigliamento, arredamento ed elettrodomestici sono i settori con i fatturati messi maggiormente a dura prova: «In testa alle rinunce i beni durevoli – continua Mario Cristaudo – e per assurdo, in periodi di recessione economica come quello attuale, è la spesa alimentare la parte nella quale il consumatore orienta il risparmio. Ecco quindi che si acquista più carne di pollo e maiale e meno manzo e in genere si abbandonano i prodotti di marca per altri meno conosciuti o di primo prezzo. Ci sono poi i fenomeni di sostituzione legati ad un ritorno ai consumi domestici – conclude –, per cui aumentano ad esempio le vendite di materie prime come latte, uova e farina».