Il vento del deserto e la brezza del mare si incontrano in una terra in cui i granelli di sabbia si confondono con quelli di semola. Siamo in Tunisia, paese del cous cous, luogo in cui il gusto si celebra in ogni piatto da portare a tavola tra spezie, aromi e salse decise. «Il piatto più famoso della nostra tradizione è il cous cous – esordisce Faouzi Souissi, chef e proprietario de «La Medina», ristorante in via Principe di Belmonte, a Palermo –. L’originale è preparato con la carne di montone, anche se, con il tempo, è stato rivisto e servito con il pesce, con il pollo o addirittura con l’uovo».
Un preparato che si presta a molte varianti, dunque, e che nella cucina tunisina si trasforma anche seguendo il corso delle stagioni: «Nei mesi estivi – continua lo chef, da trent’anni nel capoluogo isolano – si prepara spesso il tabulè, cous cous freddo servito con le verdure». E per i più golosi, i granelli di semola possono essere anche la perfetta conclusione di un pasto: «Siamo soliti mangiare il cous cous dolce – conclude Souissi – servito con datteri, melograno, pasta di sesamo, zucchero e distillato di acqua di rose». Proprio per celebrare questa speciale semola, lo chef ha deciso di dare il via, nel suo ristorante, ad una serie di appuntamenti (i prossimi il 30 maggio e il 6 giugno, ndr) per raccontare la storia e la cultura gastronomica tunisina, mettere a confronto la cucina araba con quella siciliana. E se questa speciale semola è uno dei piatti tunisini più rinomati, ce ne sono molti altri che riscuotono altrettanto successo di palato.
Tra questi, ad esempio, il brik, una sfoglia croccante ripiena di patate, tonno, prezzemolo, capperi e cipolla; i falafel, delle polpette di verdure; il paté di ceci con olio e limone; e il papa ganesh, un piatto a base di melanzane cotte a vapore. «Nel nostro ristorante – dichiara Magid Maik, uno dei proprietari di «Al Manar», in via Sant’Isidoro alla Guilla, a Palermo – serviamo anche il cestino arabo, del pane arabo accompagnato da salse a base di paté di olive, carote, radicchio, prezzemolo o salmone. Più particolare ancora, invece, la mchiwia – aggiunge Maik –, un composto di peperoni, zucchine, melanzana, cipolla e aglio prima cotto al forno e poi frullato. E poi – conclude – c’è l’insalata del deserto, fatta con mela Smith, cetrioli, cipolla, peperoni e pomodori, prodotti che devono essere serviti rigorosamente freschi».