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Sinner positivo a steroide ma per l'agenzia antidoping è innocente, per lui nessuna squalifica

Jannik Sinner è risultato positivo al doping lo scorso aprile, ma un’indagine indipendente dell’Itia, l’agenzia antidoping del tennis mondiale, lo ha scagionato, per una «assunzione inconsapevole», dovuta a una sostanza usata dal suo fisioterapista. Lo comunica l’ufficio stampa del tennista azzurro. La sostanza riscontrata nel numero 1 del tennis mondiale era un metabolita del Clostebol, uno steroide. Sinner non incorre in alcuna sanzione, e potrà proseguire la sua stagione.

La decisione è soggetta ad appello da parte della Wada e dell’Agenzia Antidoping Italiana (Nado Italia); l’Itia ha invece già fatto sapere che non presenterà ricorso. La sanzione lascia Sinner, reduce dal trionfo a Cincinnati, numero 1 del mondo e non intacca in alcun modo la sua partecipazione allo US Open né la certezza di restare in vetta alla classifica fino a Pechino e di superare le settimane da numero 1 di grandi icone di questo sport come Boris Becker.

Solo 400 punti decurtati in classifica e nessuna squalifica. È la sentenza della Itia, la Tennis Integrity Agency, per la positività di Jannik Sinner a un controllo antidoping effettuato durante il torneo di Indian Wells. Il 23enne fuoriclasse altoatesino, numero 1 del ranking mondiale, è risultato positivo al metabolite del clostebolo in bassa concentrazione, tanto che la stessa Itia lo ha assolto da ogni colpa o negligenza.

«La leggerezza della sentenza fa comprendere l'insussistenza della colpa di Jannik, positivo a una sostanza contenuta in uno spray da banco utilizzato per trattare una piccola ferita - si legge su SuperTennis -. Lo è per la bassissima concentrazione, per l’inesistenza di effetti migliorativi delle prestazioni: fattori che la stessa Itia ha accertato. Altrimenti in caso di colpa provata e di assunzione in concentrazioni elevate di sostanze migliorative della prestazione sarebbe arrivata una sospensione. Lo dimostra, ad esempio, il precedente di Maria Sharapova squalificata per quattro anni poi ridotti a due per aver continuato ad utilizzare il meldonium non essendo per sua leggerezza consapevole del fatto che era stata nel frattempo inserita nella lista delle sostanze proibite».

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