Due tie-break, quasi tre ore di magnifico tennis per chiudere definitivamente il cerchio di una carriera, che fin qui era già straordinaria. Ora è diventata leggendaria. «Anima e cuore» ci ha messo Nole Djokovic per vincere a 37 anni il suo primo oro olimpico e regalare alla sua Serbia una medaglia che entra di diritto nella storia del Paese slavo, ma anche in quella del tennis. Lo ha fatto a Parigi 2024 sulla terra rossa del Roland Garros, superando 7-6 7-6 lo spagnolo Carlos Alcaraz in una partita meravigliosa. Sul gradino più basso del podio l’azzurro Lorenzo Musetti, vincitore ieri della finale per il bronzo con il canadese Felix Auger Aliassime. Nel pomeriggio della seconda domenica parigina a cinque cerchi, le tribune del Philippe Chatrier sono sold out, tifosi consapevoli che lo sullam terra rossa i due campioni daranno vita a uno show epico. In campo il più vecchio, Djokovic, e il più giovane, Alcaraz, finalista del singolare maschile a cinque cerchi. Il numero 2 e il numero 3 al mondo dietro il numero 1 Jannick Sinner, che a queste Olimpiadi è il grande assente, dopo aver rinunciato per una tonsillite. Sedici gli anni di differenza, 37 per il serbo che ha vinto 24 Slam, 21 per lo spagnolo che ha trionfato in quattro dei grandi tornei del circuito Atp. E la differenza d’esperienza si fa sentire anche a questi livelli. Nei primi due game di servizio, lo spagnolo infatti sembra contratto e deve annullare ben quattro palle break, ma poi comincia a carburare. La partita vola via in equilibrio, tra l’entusiasmo del pubblico del Roland Garros, estasiato dai colpi dei due, protagonisti di una battaglia tennistica degna del palcoscenico del Roland Garros. Sul 4-4 Alcaraz ha un’occasione, anzi cinque occasioni d’oro, di strappare il servizio all’avversario, ma le spreca tutte e quindi la conclusione più logica del set è il tie break, chiuso dal serbo sul 7-3 con una stop volley di rara bellezza. Si gioca da quasi un’ora e mezzo. Sugli spalti, tranne serbi e spagnoli che sono di parte, nessuno vorrebbe che questa partita finisse. Nel secondo set Djokovic e Alcaraz riescono addirittura ad alzare il livello del loro gioco, ma nessuno dei due è capace di strappare il servizio all’avversario. Si arriva così al secondo tie break, nel quale Djokovic, come ha fatto tante volte nella sua vita, non sbaglia i punti decisivi: 7-2. La storia si trasforma in leggenda. Il vecchio Nole abbraccia il giovane Carlos, poi si inginocchia sulla terra rossa più famosa del mondo, piange, prende una bandiera della Serbia e va ad abbracciare la sua famiglia, proprio quegli affetti che ammette di aver sacrificato, pur di essere al Roland Garros (versione Olimpiadi) al meglio delle sue possibilità. «Ho dato cuore e anima per questo oro, il mio primo a 37 anni. Sono felicissimo soprattutto per la mia Serbia», le sue prime parole piene di emozione. «È stata una battaglia incredibile: quasi tre ore per soli due set». Lacrime amare per Alcaraz. «Perdere così fa malissimo», e lo dice forse non pensando che lui di occasioni olimpiche ne avrà altre. Per Djokovic, invece, a meno che non decida di trascorrere altri quattro anni sui campi di tennis, era l’ultima. E, allora, così è tutto ancora più bello.