Vent’anni dopo: coerentemente con la sede dei Giochi, come in un romanzo di Dumas. Due grandi moschettieri del tennis come Nole Djokovic e Rafa Nadal si ritrovano per un duello, quasi sicuramente l’ultimo di una lunghissima serie. Nel palcoscenico del campo Philippe Chatrier del Roland Garros nonostante il caldo non vola una mosca, le tribune sono strapiene, la gente si ammassa anche fuori dall’impianto.
È l’epos olimpico che si aggiunge al fascino di due straordinari campioni all’epilogo della carriera: vince Djokovic, perché è evidente a tutti che Nadal non ne ha più, prosciugato da tante battaglie e dagli infortuni. Ma ci vorrebbe la possibilità dell’ex aequo, come fu per Tamberi e Barshim nel salto in alto a Tokyo: perché oggi non si è avvertita davvero la necessità di un vincitore, in casi come questi vince semplicemente lo sport. Comunque, dopo 1h e 43’ di gioco sulla terra rossa che - sarà per il caldo o per il colore in tono delle magliette dei due - sembra ancora più rossa, il punteggio di 6-1, 6-4 promuove al turno successivo il serbo, che troverà il tedesco Koeffer.
In effetti, a 37 anni Nole è ancora forte, soprattutto se ci si limita alla distanza dei tre set. Tira potente, non sbaglia mai, vuole il suo primo oro olimpico, è ancora fermo a un bronzo. Nonostante la «canicule», che ai parigini dà quasi più fastidio delle strade chiuse per le Olimpiadi 2024, Nole pare quasi non sudare. Rafa, che di anni ne ha solo uno in più ma di acciacchi e infortuni ne ha avuti in misura decisamente maggiore del suo amico-rivale, invece, sotto la fascia e sotto i pochi capelli che gli sono rimasti, è una maschera bagnata. Ci prova in tutte le maniere ma non gli riesce niente. Sembra crollare. Sotto 6-1, 4-0. Quando tutto il mondo è pronto a titolare che Djoko lo ha distrutto, dopo avergli inflitto un 6-1 rifilatogli al Roland Garros solo da Federer nel 2006, per quattro game Rafa torna Rafa: nel film della giornata quasi un cammeo di se stesso, ed è 4-4, il Roland Garros si esalta. Il pubblico si alza in piedi. «Rafa, Rafa, Rafa», urlano gli spagnoli. I francesi e i «neutrali» fanno l’eco, vogliono il terzo set. È troppo presto per chiudere la vicenda.
Ma lo sport (e di conseguenza la mente di Nole che questa filosofia di vita la interpreta in maniera brillantissima) funziona diversamente. Il serbo si rianima repentinamente e strappa il servizio a Rafa. 5-4, il pubblico mugugna. Nole fa il segno dell’orecchio. «Non vi sento, non vi sento». Un altro game, e la partita si chiude. I due si abbracciano sotto rete per la 60/a volta delle loro infinite carriere. Ora il bilancio dice Nole 31-Rafa 29. La loro sfida olimpica, nel tempio del Roland Garros, è finita.
Se la storia sia finita per sempre ce lo dirà il futuro prossimo. E il dubbio insinuato sembra disturbare Nadal persino più della sconfitta, pardon del potenziale ex aequo. «Basta - implora i giornalisti - ogni singolo giorno mi chiedete se mi ritiro. Provo a fare del mio meglio sempre, quando deciderò di ritirarmi ve lo farò sapere. Non potete aspettarmi sempre dopo ogni partita con questo pensiero, lascia o non lascia». Perdere non gli è mai piaciuto. «Mi sono divertito per tanti anni - racconta poi con più calma Rafa - ho sofferto con molti infortuni negli ultimi due anni, se sentirò di non essere più sufficientemente competitivo, deciderò di ritirarmi e ve lo farò sapere». Passa Nole e gli rende omaggio: «Rafa è stato sfortunato, Non era nelle migliori condizioni di salute. Ma questa partita fa bene a noi e fa bene a tutto il tennis: resterà per sempre». I due si salutano incrociando le racchette, chissà perchè per un attimo sembrano due spade come nei romanzi di Dumas: «Adieu», o forse solo arrivederci.
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