Non può ancora essere un passaggio di testimone, e sarebbe oltremodo affrettato sancire la fine del predominio di Novak Djokovic, ma il trionfo a Wimbledon di Carlos Alcaraz, al termine di una finale incerta, combattuta e spettacolare, rappresenta la consacrazione definitiva per il ventenne spagnolo, nuova indiscussa stella del tennis mondiale. Un campione per tutte le superfici, adesso anche sull’erba, dove ha vinto la dodicesima partita consecutiva (alla vigilia di Wimbledon, si era imposto al Queen’s). E già capace lo scorso anno, grazie alla vittoria agli US Open, di diventare il più giovane numero 1 al mondo di sempre. Posizione che oggi - conquistando il torneo londinese, all’età di 20 anni e 72 giorni, il terzo più giovane vincitore dei Campionships nell’era Open (dietro solo a mostri sacri come Boris Becker e Bjorn Borg) - ha meritatamente consolidato. «È un sogno che si avvera, non mi sarei mai aspettato di arrivare a questi livelli sull’erba così presto - le parole di Alcaraz -. Anche se oggi avessi perso, sarei stato comunque orgoglioso di me. Perché ero già contento di poter disputare una finale così importante».
Che implicava inevitabili risvolti generazionali, considerati i 15 anni e 348 giorni di differenza tra i giocatori. Protagonisti dell’epilogo più atteso all’All England Club, i primi due favoriti, opposti in un match che non ha deluso le attese di un pubblico, schierato nettamente dalla parte dello spagnolo di El Palmar (Murcia). «Ma Novak resta una leggenda del nostro sport, mi ha ispirato ad iniziare a giocare, quando ero ancora bambino vedevo i suoi match in tv».
Perso malamente il primo set, una volta liberatosi della tensione per la sua prima finale sui prati londinesi, Alcaraz lotta e vince la seconda partita, e di slancio conquista anche il terzo set. «Nel primo set non mi sono demoralizzato, ma ho solo pensato a come potevo alzare il mio livello», ha raccontato Alcaraz. Un suo passaggio a vuoto nel quarto set viene punito dal sussulto d’orgoglio di Djokovic che trascina il match al quinto set. Dove però è la maggior freschezza e lucidità dello spagnolo a prevalere con il punteggio di 1-6 7-6 6-1 3-6 6-4 in 4 ore e 42 minuti. Una vittoria legittimata dalle statistiche che indicano lo spagnolo davanti per punti sia con la prima di servizio che a rete, ma soprattutto per numero di vincenti, più del doppio (66 a 32) rispetto a quelli del serbo.
Sportivo a fine match nel riconoscere la superiorità dell’avversario: «Pensavo che avrei avuto problemi con Carlos sul cemento e la terra rossa, ma dopo oggi la storia è diversa. È difficile digerire una sconfitta così, ma se penso che in passato ho vinto finali simili che forse avrei dovuto perdere, resto comunque in credito con la sorte».
Alla terza partecipazione a Wimbledon, Alcaraz diventa così il terzo spagnolo ad aggiudicarsi i Championships, dopo Manuel Santana (1966) e Rafa Nadal (2008, 2010); il quinto in totale (Conchita Martinez e Garbine Muguruza). «Prima di quest’anno avevo disputato solo quattro tornei sull’erba, ma devo ammettere di essermi innamorato di questa superficie. Ed è un vero onore aver vinto davanti a re Felipe (presente nel royal box, ndr). Deve seguirmi più spesso...».
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