Più forte di tutto e tutti, anche del batterio che poteva ucciderla: "Ad aprile ho avuto un'infezione da staffilococco, talmente grave che si prospettava l'amputazione del braccio sinistro e addirittura la morte. Quindi è un miracolo che io sia qui e questo oro pesa molto di più di quello di Rio".
Ed è proprio di miracoli che il 'super' sorriso di Bebe Vio ci ha abituati da sempre. Prima della conquista della sua seconda medaglia d'oro olimpica consecutiva nel fioretto, Bebe ha atteso il giudizio del giudice, poi appena ha capito che era ancora lei la migliore, è esplosa nel pianto liberatorio, lo scossone su quella carrozzina ancora fissata in pedana che rende il suo corpicino un suono troppo rock per essere soffocato.
Stavolta, anzi, l'emozione che le è esplosa dentro è stata doppia:
"Un'impresa che sembrava impossibile. Ecco perché ho pianto tanto. È stato un miracolo e per questo devo ringraziare l'ortopedico che mi ha operato, si chiama Accetta..., e tutto lo staff che mi ha aiutato a prepararmi", ha aggiunto la veneta, spiegando così in una confessione choc anche il motivo per cui ha dovuto rinunciare alla gara individuale di sciabola.
E se a Rio si presentava da ragazzina tremenda e outsider nel fioretto paralimpico, stavolta Vio era arrivata a Tokyo dopo cinque anni di attività sociali con la onlus di famiglia art4sport, da campionessa paralimpica e mondiale in carica, ma anche dopo un anno e mezzo di stop forzato dalle gare a causa del Covid che gettava un'ombra di incertezza sui reali valori che si sarebbero poi espressi in pedana.
"Sono state due medaglie completamente diverse - ha chiarito a fine gara - A Rio è stata l'emozione della prima volta", mentre questa volta "ho avuto un infortunio abbastanza grave, parecchio parecchio grave e mi han detto che neanche era scontato tornare a tirare. Quindi essere qua... abbiamo preparato tutta l'Olimpiade in due mesi. Quindi è stata veramente tosta".
Ma Bebe, tra le top stories che da sempre ispirano i valori del Comitato paralimpico internazionale (Ipc) e con tutti i fari puntati per essere lei l'atleta da battere nella sua disciplina, non ha tradito le aspettative su di lei, trasformando l'oro più atteso da probabilità a certezza. Basta sentire il tenore delle parole di Luca Pancalli al termine del match finale contro la cinese Jingjing Zhou, battuta 15-9:
"Bebe - le parole del numero uno del Cip - ha dimostrato ancora una volta di essere un'atleta di grande talento e temperamento. Non è stato un periodo facile per lei. Nonostante questo è riuscita a tirare fuori tutta la propria forza per raggiungere questo obiettivo straordinario. Una vittoria nel pieno spirito del paralimpismo: dare sempre il massimo con il cuore e la determinazione, contro tutte le avversità".
'Super' Bebe si prende l'oro da portabandiera, un esempio per tutti e un pozzo di medaglie che può portare ancora un altro oro nella sfida del fioretto a squadre che punta a migliorare il bronzo di Rio: "Lo scopo è quello, poi vediamo quello che riusciamo a fa'", ammette in un abbozzo di romanesco che a lei è sempre piaciuto parlare.
"Domani - ha aggiunto - c'è la gara davvero importante. E' bello vincere, bellissimo. Però quando sai che ci sono le compagne di squadra accanto a te, che devi vincere per tutti, è molto più bello".
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