Tutto vero, l'Italia del tennis sarà protagonista nella finale di Wimbledon: sui prati dell'All England Club, il circolo più famoso del mondo, Matteo Berrettini diventa il primo azzurro della storia in finale ai Championships. Nessuno prima di lui si era mai spinto così in fondo nello Slam per eccellenza, il torneo conosciuto da appassionati e non: Nicola Pietrangeli si era fermato in semifinale nel 1960, Berrettini la sua semi la vince battendo 6-3 6-0 6-7 (3) 6-4 il polacco Hubert Hurkacz, bravo a eliminare due pezzi grossi come Medvedev e Federer ma stoppato dal 25enne romano. Dopo 45 anni un italiano torna a giocare una finale Slam, era dal trionfo a Parigi di Adriano Panatta nel '76 che il tennis maschile non viveva un momento così importante. Prima ancora era toccato a Pietrangeli, per quattro volte e sempre sulla terra del Roland Garros, e a Giorgio De Stefani nel 1932, ancora in Francia. Berrettini è il quarto di sempre e lo fa con una sicurezza e un dominio impressionanti, apparendo quasi un alieno rispetto a quello che il nostro Paese aveva saputo tirar fuori nella sua storia tennistica: mai si era visto un italiano servire con questa potenza, mai qualcuno tanto a proprio agio su superfici rapide, diverse dalla terra battuta. Ci eravamo tanto concentrati a inseguire il futuro con Sinner e Musetti che quasi avevamo dimenticato cosa può offrirci il presente: un top 10, un grande giocatore, un campione vero. Dopo il ricco e prestigioso antipasto del Queen's, ora le sei vittorie a Church Road, per un totale di 11 successi consecutivi sull'erba: a Wimbledon sono caduti sotto le sue bordate Pella, van de Zandschulp, Bedene, Ivashka, Auger-Aliassime e Hurkacz. Un tabellone alla portata con Berrettini che è sempre partito favorito e non ha deluso, ha mostrato la consapevolezza del fuoriclasse, ha reso letali due armi improprie: un dritto e un servizio che in pochissimi nel circuito possono vantare. L'ultimo a farne le spese è stato un Hurkacz con la testa sott'acqua per due set e poi rimesso a posto nel quarto dopo un terzo parziale perso al tie break. Un equilibrio durato appena cinque giochi, poi una palla break salvata da Berrettini e da lì il dominio assoluto di Matteo sotto ogni punto di vista: un parziale di 11 giochi consecutivi capace di tramortire chiunque, figuriamoci un esordiente a livello di semifinale Slam. Ci ha provato il polacco a reagire, ha giocato alla pari nel terzo set dando fondo a tutto quello che aveva e ha trascinato il match al quarto con le unghie e con i denti, ma un break immediato a inizio quarto set ha rimesso la partita sui binari azzurri. Una differenza troppo grande in campo in quella che alla vigilia appariva come una sfida molto più tirata e incerta, con i precedenti in perfetta parità. Berrettini però ha avuto più personalità e sul piano tecnico dei cambi di ritmo che il polacco non possiede, qualità che lo portano dritto alla finale più importante della carriera in una domenica che per l'Italia si prospetta infinita: prima l'assalto di Matteo al trofeo dorato da ricevere dalle mani del duca di Kent e in serata la finale di Euro 2020 con gli Azzurri di Mancini a caccia di un titolo europeo che manca da 53 anni. Da Wimbledon a Wembley, l'appuntamento con la leggenda si gioca tutto in pochi chilometri: a Matteo il compito di aprire la strada. Di fronte avrà il numero 1 del mondo Novak Djokovic che nell'altra semifinale ha battuto in tre tiratissimi set (7-6, 7-5, 7-5) il canadese Shapovalov.