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Quel giro su tre ruote di Gilles, 40 anni fa l'impresa a Zandvoort

Quell'immagine ha oggi, proprio oggi, 40 anni. Quel rosso sfocato che corre scomposto su tre ruote ha tagliato i televisori di tutto il mondo il 26 agosto del 1979. E benché per tutti sia l'impresa più famosa di Gilles Villeneuve è possibile che molti non l'abbiano davvero mai vista. Mai a parte quei pochi fotogrammi, si intende.

Bisogna essere adesso vicini ai 50 per ricordare quel giorno lì a Zandvoort, in Olanda, quando fu scritto più di un capitolo della storia della Formula 1 e della Ferrari. L'Italia che usciva dagli anni Settanta si piazzò davanti alle Tv in una domenica pomeriggio di fine estate, di quelle che duravano davvero da giugno a settembre, spensierate e trasudanti di vita.

Chi c'era quel giorno davanti alla Tv ricorderà perfino la voce di Mario Poltronieri e l'attesa per una gara che non vedeva la Ferrari favorita. Ma poi la realtà, come ogni tanto accade, fu molto diversa.

Probabilmente la vera impresa di Gilles fu il sorpasso nei primi giri ad Alan Jones alla curva Tarzan. All'esterno di una curva che descrive un cerchio, quasi per intero in controsterzo, in accelerazione. Roba da trattenere il fiato ancora oggi rivedendo tutto su youtube.

Così andò in testa, Gilles. Senza Drs, senza cambio elettronico, senza comunicazioni radio dai box. E si avviava a vincere prima che una gomma scoppiasse, proprio alla prima curva, e lo mandasse in testacoda. Chiunque si sarebbe ritirato. Lui no. Si rimise in pista e fece un intero giro a velocità di gara senza una gomma. Perdendo pezzi di macchina, andando di traverso a ogni curva. Solo Forghieri riuscì a fermarlo costringendolo al ritiro mentre Gilles chiedeva che gli venissero montate nuove gomme.

E così quel giro, quella disperata rincorsa a una vittoria strameritata e sfuggita ingiustamente, consegnò Gilles alla storia. Ancora oggi la mitologia dell'automobilismo lo descrive come l'uomo che correva anche su tre ruote.

Da quel giorno in poi impersonò la voglia di non arrendersi mai, quel sentimento figlio anche dell'Italia di quell'epoca che si avviava veloce verso l'incoscienza degli anni Ottanta ascoltando Pino Daniele che cantava Je so' pazzo. È passato proprio un sacco di tempo, 40 anni.

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