Primo, "non addossare ai giocatori scelte che vengono fatte altrove"; secondo, "facciamo in modo che questo episodio spinga tutti a darsi delle regole per i futuri impegni". Damiano Tommasi, presidente dell'associazione calciatori, dice la sua sulla polemica ancora aperta per la finale di supercoppa italiana in programma a Gedda, in Arabia Saudita. "L'evento è già organizzato, i biglietti quasi tutti venduti, parecchie persone, anche italiane, aspettano di partecipare a questa partita, non sono i giocatori che hanno la responsabilità dell'accaduto e quindi di fare chissà che cosa, loro non possono che scendere in campo". "Se io fossi un dirigente della Lega - aggiunge Tommasi all'Ansa - proporrei l'istituzione di una borsa di studio a favore di un giovane giornalista sportivo, arabo o italiano", per tenere viva la memoria del caso Kashoggi, "sarebbe un modo concreto per dare un senso a questa partita al di là delle tante parole di questi giorni". Per Tommasi la causa scatenante "della levata di scudi sulla scelta di Gedda come finale di Supercoppa sia stata soprattutto la vicenda del giornalista ucciso. Poi ci sono certo il problema della vendita dei biglietti, l'accesso delle donne allo stadio, anche se in un primo momento c'era stata una comunicazione diversa rispetto a quella poi effettiva, insomma ora le donne potranno recarsi alo stadio senza dover essere per forza accompagnate". "Chiedere ai giocatori di non giocare o di fare altri tipi di protesta è impossibile, non sono loro ad aver scelto la sede di questa partita che, oltretutto, serve ad assegnare un titolo nazionale. È la federazione che per il futuro deve individuare regole certe, mettere paletti alle scelte dei dirigenti". Più nel merito delle proteste Tommasi rileva che "non sta ai giocatori entrare in una vicenda che ha contorni ancora più grandi" e ricorda che "l'Italia ha relazioni politiche e economiche con l'Arabia, e la stessa Rai trasmetterà regolarmente la partita. Quanto a noi, come sindaco mondiale dei calciatori, al congresso annuale c'è sul tavolo l'idea di non organizzare eventi e congressi in quei paesi dove ci sono preclusioni e discriminazioni, penso anche a quelli dove gli atleti di altri paesi non vengono ammessi o riconosciuti. E' un primo passo, ognuno faccia la sua parte".