Chi oggi ha 24 anni o giù di lì non ha mai visto correre Ayrton Senna. E in un mondo che sempre più si circonda di simboli questo campione brasiliano è diventato una icona, un totem da citare quando succede qualcosa di incredibile. Un mito che sai che è esistito davvero anche se tu non lo hai mai visto.
Eppure niente di quello che riguarda l’epopea di Ayrton può avere un paragone con l’oggi. In quei dieci anni, dal 1984 al 1994, in cui ha guidato Toleman, Lotus, McLaren e Williams Senna ha stravolto tutti i canoni della F1. È così anche per chi tifava per la Ferrari e veniva sconfitto da Senna.
Nessuno dei piloti di oggi può vantarsi di avere racchiuse in sè la caparbietà, lo stile perfetto, il coraggio, l’istintiva perfezione e la rabbia di Senna. Il resto sono discussioni da bar. Che sono un po’ anche il sale della F1 ma che restano lì, al bar.
È morto il primo maggio del 1994, in un posto bellissimo che è la pista di Imola. Un circuito che ha iniziato a morire a sua volta quel giorno, perché da tracciato fantastico fu prima trasformato in un misto di chicane per renderlo meno pericoloso e poi ridimensionato al punto da non essere più adatto alle F1.
Eppure lì a Imola, si sono scritte pagine storiche della F1. Tutto intorno a quell’epoca è morto il primo maggio ed è diventato leggenda. La pista di Imola, il povero Ratzenberger, Senna.
E per capire quanto tutto questo abbia lasciato il segno basta andare almeno una volta da quelle parti. La pista è (anche) un santuario: è tornata bellissima e veloce ma anche quando i motori sono spenti è meta di pellegrinaggio e non c’è tifoso vero che almeno una volta non sia andato lì a metà del tamburello a lasciare un mazzo di fiori, una foto, un ricordo.
Perché chi ha visto correre Senna oggi ha almeno 40 anni e Senna è anche l’età dell’oro di una vita che a quel tempo prometteva grandi imprese e un futuro radioso.
Senna era non solo la capacità di sognare ma anche la sensazione che i sogni si possono realizzare con caparbietà e voglia di farcela a ogni costo.
Basti pensare a tutte le volte che ognuno di noi si è sentito sopraffatto da ingiustizie, vittima dei potenti, e ricordare quel post Suzuka del 1989 dove i capi della F1 lo fecero perdere e lo costrinsero a inginocchiarsi per ottenere una seconda chance. E nel 1990 fu di nuovo vittoria.
Pensare a tutto questo, per chi oggi ha più di 40 anni, è un duro ritorno alla realtà. Perché a volte nella vita si perde, e allora capisci che ciò che conta è cosa hai fatto prima.
A tutto questo viene da pensare quando si va all’hotel Castello, a Castel San Pietro Terme. Lì c’è ormai una tappa obbligata di pellegrini che cercano ancora Senna. Si può visitare (gratuitamente grazie alla gentilezza del proprietario) la Suite 200, quella in cui Senna dormì la sera del 30 aprile. Prima degli ultimi sette giri a Imola.
È una stanza all’apparenza normale: camera da letto con finestra sul cortile alberato, bagnetto, piccolo studiolo accanto. Raccontano le leggende - lo ha fatto bene Giorgio Terruzzi - che quella notte, la sua ultima, Ayrton non chiuse occhio. Sconvolto dalla morte di Ratzenberger, travolto da pensieri e dubbi sulla sua vita personale. Esattamente come accade a ognuno di noi nei momenti più difficili della vita. Questo ce lo fa sentire ancora più vicino.
Questo si prova quando si va alla suite 200 dell’hotel Castello. Dove solo qualche foto e alcuni cimeli all’ingresso ricordano che da lì è iniziato l’ultimo miglio. Che per tutto il resto del mondo è ancora a distanza di 24 anni il modo in cui ci si ricorda che dai sogni prima o poi ci si sveglia o si viene svegliati.
Era il primo maggio del 1994, c’era il sole, 24 anni oggi.
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