Nibali cerca un altro successo da mettere in bacheca e punta al Mondiale in Austria: “Percorso da scalatori” PALERMO. Quando il siciliano Guido Messina, alle Olimpiadi di Helsinki nel 1952, insieme con Loris Campana, Mino De Rossi e Marino Morettini, regalò all’Italia la medaglia d'oro nell'inseguimento a squadre (gara ciclistica che si svolge in pista) il ciclismo era all’apice nel Bel Paese. Era il periodo in cui gli italiani su pista erano i più forti e portavano a casa medaglie su medaglie, mentre su strada c'erano ancora in sella Coppi e Bartali, e poi Magni e Nencini. Messina, tra i protagonisti del sondaggio di Gds.it "Il Campione dei siciliani", nato a Monreale il 4 gennaio 1931 ma trapiantato a Torino da giovanissimo, è stato tra i pistard più forti del mondo: oltre all'oro di Helsinki 1952 ha messo in bacheca ben cinque titoli mondiali nella disciplina dell'inseguimento individuale: due tra i dilettanti e tre tra i professionisti. Diventato professionista gareggiò anche su strada, vincendo una tappa al Giro d'Italia. Un personaggio vincente come lui sarebbe potuto essere un simbolo sul quale costruire un movimento ciclistico importante anche in Sicilia. Invece, per 50 anni, l'Isola ha avuto ben poche soddisfazioni da questo sport. A parte qualche gregario di lusso capace di vincere alcune tappe al Giro d'Italia, bisogna aspettare il 2007 per un acuto di rilievo da parte di un siciliano: Giovanni Visconti si impone nella gara in linea dei campionati italiani, vestendo la maglia tricolore per 12 mesi. Il palermitano, nato a Torino ma che vive in Toscana, si è poi ripetuto per altre due volte, nel 2010 e nel 2011. Negli stessi campionati italiani che videro trionfare su strada per la prima volta Visconti, nella cronometro si distinse un giovane allora poco conosciuto che si piazzò alle spalle del vincitore Pinotti per due soli secondi. Quell'anno (50 anni esatti dopo l’ultima medaglia di Messina ai mondiali, un bronzo quella volta) questo stesso giovane aveva anche partecipato al Giro d'Italia come gregario del vincitore Danilo Di Luca, ottenendo un lusinghiero 19° posto nella classifica generale finale. Quel giovane era il messinese Vincenzo Nibali, detto lo Squalo dello Stretto, anche lui fra i dieci nomi da scegliere per "Il Campione dei siciliani", che nei successivi 10 anni sarebbe diventato uno dei ciclisti più forti al mondo. Uno dei pochi nella storia di questo sport capace di conquistare la cosiddetta Tripla Corona: cioè di vincere tutti e tre i grandi giri (Vuelta d'Espana, Giro d'Italia e Tour de France). In questa speciale classifica si trova in compagnia di altri cinque monumenti del ciclismo: Jacques Anquetil, Felice Gimondi, Eddy Merckx, Bernard Hinault e Alberto Contador. Nel suo palmares figurano anche due campionati italiani e la recente vittoria alla Milano-Sanremo, vittoria esemplare per raccontare chi è Nibali: uno che è forte in salita (è un passista scalatore), va bene a cronometro e spettacolare in discesa ma che soprattutto vince con la testa e col cuore. Uno che emoziona, perché quando tutti lo aspettano... lui c'è e non si tira indietro. Uno che scatta in salita e in discesa, che dà spettacolo sempre, che è incappato in pesanti crisi ma che è riuscito a rialzarsi. Come quando vinse il suo secondo giro, nel 2016: in crisi e staccato dai più forti, uscì dalle posizioni principali della classifica ma non si arrese: col suo talento (e un po’ di fortuna) riuscì a ribaltare il tavolo nella terz’ultima e penultima tappa giungendo da trionfatore nella passerella a Torino. Nibali è uno che non si vergogna di piangere per gioie e dolori, come quando dedicò la vittoria proprio al Giro 2016 al 14enne Rosario Costa che correva nella sua squadra dilettantistica ed era morto qualche settimana prima in un incidente. Nibali, ciclista da corse a tappe, spesso un diesel che esplode nell’ultima settimana di gara quando gli altri calano, si è riscoperto anche capace di vincere corse di un giorno. Ha vinto il Giro di Lombardia, è stato sfortunato alle Olimpiadi di Rio, quando è caduto mentre era nel gruppo dei migliori, ma adesso, dopo la vittoria nella classica italiana, punta al Giro delle Fiandre domani, dove sarà in gara per la prima volta, ma soprattutto al mondiale a settembre e ha iniziato visionando il tracciato attualmente innevato di Innsbruck, in Austria: «Sarà un Mondiale su strada molto difficile, perché abbiamo questa salita da otto chilometri da ripetere sette volte e successivamente questo 'strappo’ di circa 2-2,5 chilometri, con una punta del 28 per cento che, dopo quanto fatto, diventa veramente uno scoglio difficile da superare. Ci vorrà una squadra che sa andare forte in salita, scalatori veri, perché penso che velocisti non ne arrivano». Sperando che il ciclismo siciliano possa avere nuove soddisfazioni.