ROMA. Carlo Tavecchio si arrende. Quando ha capito che anche la sua roccaforte, quella lega Dilettanti in cui per 18 anni ha costruito la storia da dirigente calcistico e cullato sogni più ambiziosi gli aveva voltato le spalle, solo e senza alleati ha deciso di dimettersi. E per il pallone made in Italy è un nuovo anno zero: senza presidente, senza ct, con i club di A e B alla ricerca di una governance ancora lontana da venire, pare, e una nazionale dopo 60 anni messa all'angolo e privata dei Mondiali, ora all'orizzonte c'è di nuovo un commissariamento da parte del Coni. Ma la resa dell'ormai ex numero uno del calcio, dopo tre anni difficili e spesso contestati, non è senza veleni. Il j'accuse del dirigente al capolinea non risparmia nessuno: "Sono stato messo in croce, pago per colpe non mie: contro di me sciacallaggio politico" il primo affondo di Tavecchio, dentro il consiglio federale durato appena qualche giro di lancette: a via Allegri Tavecchio era arrivato nella speranza di avere ancora i numeri dalla sua, ma poi si è reso conto che i Dilettanti compatti si erano sfilati e che l'unica strada era quella delle dimissioni. Ha chiesto però che le rassegnasse l'intero consiglio, per gestire l'ordinaria amministrazione nei novanta giorni che separano dalle elezioni. "Io solo però mi sono dimesso, gli altri no" l'accusa. E mentre nella sede della Figc andava in scena l'addio furioso di Tavecchio, al Coni Giovanni Malagò (con gli Stati generali dello sport in corso) annunciava: "L'unica soluzione è commissariare, lo dice lo statuto: se ci sono non solo gli estremi ma l'obbligatorietà, io ho il dovere di farlo, se non ci sono gli estremi non lo faremo", ha spiegato, dando appuntamento alla giunta straordinaria fissata per mercoledì. "Questo è gravissimo" la replica live del presidente dimissionario, che mostra tutti i segni dell'amarezza vissuta in queste ore dopo la sciagurata debacle azzurra. "Bastava un gol e sarei stato un eroe, e invece ho sentito di tutto. Il punto di speculazione ha raggiunto il limite e fino a stamani il quadro non era cambiato" Non vuole parlare di tradimento ("è una cosa brutta" dice), ma certo è che la Lega guidata da Cosimo Sibilia dopo il direttivo della mattina si è orientata verso il cambiamento. L'uomo del 'ribaltone' Andrea Montemurro, alla guida del futsal, altro fedelissimo della Lnd, ha detto chiaramente che la divisione calcio a 5 era consapevole del peso della responsabilità che la scelta avrebbe comportato. "Ora serve un percorso nuovo, meritocratico" dicono i dilettanti. E si scatena pure la polemica con Lippi. "Tavecchio dice che ho scelto io Ventura? Ricorda male - afferma il ct campione del mondo nel 2006 - Ero già dt, sentii Ventura Montella e Gasperini e lasciai decidere lui. Ma d'altra parte, dopo avermi fatto firmare un precontratto, né lui né il dg Uva ricordarono di aver firmato un anno prima una norma che mi avrebbe reso incompatibile...In Figc - la conclusione di Lippi - servirebbe qualcuno che si occupi di calcio". Volti nuovi, chiedono in molti, il rinnovamento invocato già quando il terremoto di Calciopoli aveva azzerato tutto: sono passati undici anni e c'è un calcio ancora da ricostruire, con l'ombra del commissario, che se arriverà non sarà senza strascichi polemici. E così adesso il totonomi è doppio: chi guiderà la fase straordinaria e chi arriverà invece a prendere le redini della Figc per il prossimo quadriennio. Sulla gestione commissariale (mercoledì la Giunta del Coni è attesa al via libera ufficiale, norme legali alla mano) Malagò dice di non voler avere un ruolo da primo attore: "Ho un'agenda fitta, ci sono le Olimpiadi a febbraio: auspico un'altra soluzione". Un tecnico, come fu appunto nel 2006 con Guido Rossi, un giurista e spunta il nome di Giulio Napolitano, mentre Walter Veltroni già si sfila. Oppure l'opzione più interna alle dinamiche dello sport (Roberto Fabbricini, segretario generale del comitato olimpico e pronto a passare alla guida della Coni servizi). Ma il nome di Malagò alla fine potrebbe far chiudere il cerchio. Guardando avanti però c'è da trovare l'uomo da eleggere: da Sibilia, che sembrava l'erede naturale per prendersi la leadership, a Pierluigi Collina, passando per i più giovani grandi ex del campo, Maldini o Cannavaro. Intanto si ricomincia dal grande vuoto: un presidente dimissionario che lascia tra veleni e accuse.