Saudade, Felipe. Per quello che è stato, per quello che poteva essere. Perché c’è una foto che commuove in questo Gran Premio del Brasile che è l’ultimo della carriera del piccolo brasiliano, ed è la foto di Alonso che lo applaude al rientro ai box mentre i meccanici si affettano ad abbracciarlo e il pubblico si alza in piedi. È vero, ha un sapore agrodolce la saudade. Perché i ferraristi hanno amato Alonso ma è lui, Massa, che ha amato la Ferrari e i suoi tifosi. Mentre lo spagnolo urlava via radio che nel team erano tutti scemi e poi fuggiva via. Massa è cresciuto a Maranello e ha atteso la fine dell’epopea di Schumacher nel 2006. Pensava fosse arrivato il suo turno, invece qui, in Brasile, dieci anni fa, ha accettato di vestire i panni del gregario per far vincere a Raikkonen il suo primo mondiale. E nessuno avrebbe mai pensato che sarebbe stato l’ultimo mondiale della nazionale rossa. Saudade, Felipe. Per quello che poteva essere qui in Brasile 9 anni fa. Perché nessuno che abbia un cuore può dimenticare che lo sport a volte ci consegna tragedie indimenticabili. Essere campione per due curve e poi vedere esultare Hamilton mentre si preparava già la festa è proprio un pugno nello stomaco ma se poi il destino prevede che non ci sarà più un’altra possibilità, allora è troppo dura da accettare. Il destino ha previsto una carriera da emozioni forti per Massa. Nel 2009 il mondo ha trattenuto il fiato per lui che all’Hungaroring ha rischiato di morire. L’anno dopo è tornato, non era più lo stesso, ha provato a reagire, si è sacrificato per la Ferrari. Ha fatto da parafulmine nei momenti bui. E sarebbe rimasto col Cavallino tatuato sul petto per tutta la vita. Invece via, per un ultimo spruzzo di champagne lontano da Maranello. Non sarà lo champagne del podio ma ha il gusto caldo dell’affetto della gente. Che ha pianto per Felipe l’anno scorso a San Paolo per quella che doveva essere l’ultima volta dopo quattordici stagioni a 300 all’ora . E invece no, c’era ancora un po’ di tempo, un altro anno, un’altra ultima curva. Per allungare un’epoca, provare a sorpassare il destino, accarezzare i sogni. La gente, a San Paolo, l’ha capito e ieri ha stretto i denti per non piangere. Tutti in piedi, solo applausi per Felipe. Ma con quella nostalgia tutto intorno, perchè quando un campione lascia di colpo tutti vicino a lui invecchiano. Non ci sarà più un pilota brasiliano per un po’ in Formula 1. E così i tifosi vivranno di ricordi. Massa non ha il talento di Senna, non ha l’estro di Piquet né il coraggio di Fittipaldi. È stato campione del mondo solo per una curva. E non è un caso che tutto finisca a San Paolo nel giorno della Ferrari. Che poteva essere campione del mondo, che quest’anno aveva la macchina per vincere, che forse vincerà l’anno prossimo. Saudade, Fepile. Peccato, Sebastian. Poteva essere la gara che consegnava la Ferrari alla volata per il mondiale magari sognando una Abu Dhabi al contrario per il Cavallino. Poteva essere l’occasione da sfruttare nel giorno in cui anche Hamilton si è mostrato umano sbattendo in prova come un debuttante. Ok, ci sarà altro tempo, un altro mondiale, una macchina ancora più forte che magari non si rompe mai. Però poteva essere un sacco di cose questo Gp del Brasile. E invece riporta alla mente solo tutto quello che è sfuggito di mano per un soffio. Perché così è la F1, come la vita a volte.