CATANIA. Il vulcano più alto e attivo d'Europa ha partorito il topolino di un duello senza vincitori né vinti. Dunque, una non-sfida. Chi si aspettava una tappa di lava e lapilli è rimasto deluso, solo (tanta) lava condensata ai bordi della carreggiata, perché nel primo arrivo in salita del 100/o Giro d'Italia non è successo praticamente nulla. O quasi.
I big sono stati frenati dal vento e, alla fine, il solo Vincenzo Nibali si è fatto vedere con uno scattino quando mancavano 3 chilometri al traguardo: un allungo che ha fatto il solletico ai rivali. Il messinese domani voleva presentarsi da profeta in patria nella città d'origine con la maglia rosa addosso, invece non è andato oltre un'accelerazione senza conseguenze. A domare l'Etna, invece, ci ha pensato lo sloveno Jan Polanc (UAE Emirates), che al Giro aveva trionfato due anni fa, sull'Abetone, dopo un tentativo velleitario partito al chilometro numero 16.
Stamattina la sua fuga per la vittoria è partita dopo solo un paio dei 181 chilometri della 4/a tappa: lo sloveno si è trovato al fianco di Eugenio Alafaci (Trek Segafredo), Jacques Janse Van Rensburg (Dimension data) e Pavel Brutt (Gazprom Rusvelo). A una quindicina di chilometri è rimasto solo e ha resistito fino alla fine al tentativo di rimonta di Ilnur Zakarin, che non è andato oltre un ritardo di 20" dal vincitore di tappa.
Polanc si è presentato all'arrivo con un fardello di 179 chilometri di fuga. Da applausi. La maglia rosa è finita sulle spalle del lussemburghese Bob Jungels, che l'aveva già indossata l'anno scorso, nel secondo Giro di Nibali. A proposito dello 'Squalo dello Stretto', chissà cosa avrebbe dato per vestirsi di rosa il giorno prima dell'arrivo nella 'sua' Messina, dove domani verrà soffocato dall'entusiasmo degli ormai famosi 'Can-Nibali', al termine di un tappa che non dovrebbe riservare grandi sorprese. Nibali, a tre chilometri dal traguardo, dopo avere mandato in avanscoperta Franco Pellizotti, ha provato a smuovere le acque, ma è riuscito solo a riacciuffare Jesper Hansen, che era andato a caccia di Polanc ed è rimasto con un pugno di mosche in mano.
Non pervenuto, invece, Nairo Quintana, il 'Kondor' che è arrivato dalle Ande per insidiare il trono di Vincenzo I da Messina e da tempo ormai è soprannominato 'Magnana', per via della tendenza a rinviare sempre di un giorno il proprio attacco. Difficile decriptare il suo stato d'animo, la sua condizione. A questo punto sarà il Blockhaus a fornire l'esatta dimensione della grandezza e della pericolosità di Quintana, reduce da durissimi allenamenti in alta quota, ma sempre avido di azioni pirotecniche.
Il colombiano può sempre difendersi, affermando di voler conservare qualcosa per il Tour, secondo obiettivo in ordine di tempo, dopo la corsa rosa. La tappa di oggi, la prima delle due siciliane, per il resto, ha riservato qualche colpo di scena che, solo per un caso, non ha eliminato altri big, dopo il ritiro in mattinata di Rohan Dennis, caduto domenica a Cagliari e candidato al podio. L'olandese Steven Kruijswijk, che punta alla maglia rosa a Milano, è finito a terra nella discesa che portava a Nicolosi, sempre alle pendici dell'Etna, ma è riuscito a rialzarsi e ad arrivare; Mikel Landa - nominato sul campo capitano del Team Sky - ha dovuto rincorrere in salita e controvento il gruppo, dopo una foratura. Anche lui è riuscito a rientrare, ma che sforzo e che ansia. Tanto rumore per nulla, 'O siccu o saccu' (o niente oppure tutto), recita un antico proverbio siciliano, che sembra su misura per Nibali.
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