VADUZ. Tutto liscio, forse troppo ma solo per un tempo. Comunque la Giovine Italia archivia la puntata n.4 delle qualificazioni mondiali con un bel poker al Liechtenstein ma a Vaduz contro la nazionale-cuscinetto del gruppo G (183mo nel ranking Fifa) e dopo 45' minuti pimpanti (4-0) è mancata l'agognata goleada.
E questo, complice anche l'analogo risultato della Spagna con la Macedonia, lascia tutto inalterato là davanti, con le Furie rosse pero' che vantano una differenza reti migliore (+14 contro +7) rispetto agli azzurri, e sono dunque virtualmente primi. E' stata un'Italia a due velocità, concreta, continua e letale nei primi 45', quanto accademica, lenta e scontata nella seconda parte di gara.
Resta però il bel poker (non male considerato anche il brutto ko dell'Albania in casa con Israele, che allontana un pericoloso avversario per il secondo posto) e soprattutto il nuovo assetto tattico che Ventura ha battezzato al Rheinpark Stadium della capitale del piccolo Principato, quella che aveva da tempo in testa, quella più lontana dall'Europeo, per uomini (solo una decina i reduci), tattica (4-2-4) ed età media.
La certo non irresistibile squadra di Renè Pauritsch formata da appena 5-6 professionisti oltre a studenti, poliziotti e impiegati, è comunque l'avversario giusto per far iniziare a imboccare la nuova strada a una nazionale che il ct pensa nuova di zecca, fresca, giovane e, perchè no, spettacolare.
Un disegno che dura, come detto, lo spazio di un tempo. Le parole della vigilia di Ventura e Buffon ("Niente scherzi") fanno breccia nell'undici azzurro che parte subito forte - dopo il piccolo incidente al momento degli Inni che fa 'saltare' quello di Mameli, prontamente intonato dal pubblico in gran parte tricolore, mentre quello dei padroni di casa è un testo in tedesco sulle note di God Save the Queen - e nel giro di dieci minuti confeziona due nitide palle gol e due reti col nuovo tandem d'attacco: 11' Belotti, un minuto più tardi di Immobile su assist al bacio del 'gallo'.
Paradossalmente le gravi assenze in difesa (Barzagli e Chiellini) hanno messo il ct in condizione di partire da subito con la rivoluzione, finora accantonata per non strappare alla squadra la sua identità così faticosamente costruita nel biennio di Conte. Ma l'ultimo spezzone di partita con la Macedonia ha cambiato qualcosa e forse per sempre nella testa del ct che dà spazio a linea verde, muscoli e corsa.
Gli esterni funzionano a dovere per un tempo, Candreva e Bonaventura, con Desciglio e Zappacosta a dar man forte alle spalle macinano chilometri e occasioni. Il 4-1-4-1 dei padrini di casa che quasi sempre diventa un 4-5-1 rende però un po' caotica la manovra. La palla è sempre nella metà campo di padroni di casa, tanto che spesso addirittura l'assetto tattico si trasforma in un 2-4-4.
Gli azzurri danno anche l'impressione di divertirsi, arriva così il terzo gol di Candreva (tra i più propositivi) e poi il quarto proprio allo scadere ancora con Belotti (dopo che un minuto prima gli era stato negato un tacco-gol per fuorigioco). Ma mentre si va negli spogliatoi con la testa ai gol da contare nella ripresa, ecco che la squadra rallenta, perde lucidità, corsa e le occasioni (molte meno che nei primi 45') si contano sulle dita di una mano.
Forse è vero che nel Dna degli azzurri ci deve essere per forza la parola 'sofferenza' perchè, avanti di 4 reti, tutto diventa più difficile e caotico, facendo abbassare inevitabilmente il ritmo alla partita, con gli azzurri che pressano meno e cercano di più l'accademia, a scapito della porta avversaria (e quando capita ci pensa l'ottimo Jehle a parare).
Ventura se ne accorge e cambia i tre quarti dell'attacco, puntando sulla voglia di rivalsa di Insigne, Eder e Zaza. La benzina sembra però finita e con essa anche la lucidità, al resto ci pensa la temparatura vicina allo zero. Martedì ci sarà un test ben più probante contro i campioni del mondo, gli azzurri portano in dote 3 punti, 4 gol, ottimi 45' e una buona dose di fiducia.
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