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Motonautica, morto il campione del mondo Massimo Rossi

MONACO. Uno schianto terribile durante una gara in Germania, svoltasi su un circuito acquatico largo meno della metà di quanto è consentito in Italia. Così è morto il 24enne rodigino Massimo Rossi, pilota italiano 'figlio d'arte' (correva anche il padre), con licenza tedesca e due volte campione del mondo della motonautica categoria 0/250 e 0/350.

E subito sono riprese le polemiche, visto che questa disciplina rimane fra le più pericolose nonostante i progressi fatti in altri campi motoristici, come la formula uno. Ci sono state morti di piloti di nome come Stefano Casiraghi e l'ex ferrarista Didier Pironi e altre di quella che il presidente della federazione italiana Vincenzo Iaconianni ha definito in passato "un'infinita mattanza, figlia dell'incompetenza e degli interessi privati".

In effetti, facendo il paragone con altri sport, dal 1998 se ne sono andati in tanti, perfino un ragazzo tedesco che aveva soltanto 16 anni. L'Italia aveva perso, prima di Rossi e dal 2002 a oggi, altri due campioni come Vincenzo Polli (ad Abu Dhabi, circuito che ha fatto altre vittime) e Paolo Zantelli. Nonostante nella Penisola le regole sulla sicurezza siano molto più rigide rispetto ad altri paesi, e per questo Iaconianni sottolinea che "con le nostre regole lì oggi non si sarebbe mai corso", c'era stato un morto anche in Italia. Successe a Gallipoli nel 1997, quando l'incidente occorso al sudafricano Anton Van Heerden durante la prova del Mondiale di F1 Inshore si rivelò mortale.

Il punto su cui si dibatte da anni è quello dei regolamenti tecnici, approvati dalla federazione mondiale, che non rendono obbligatoria la Capsula di Sicurezza. Si tratta di una struttura in materiale composito, di facile reperibilità, che protegge il pilota in caso di urto fra imbarcazioni o ribaltamento. La mancata obbligatorietà, spiegano fonti italiane, sarebbe dovuta al lavoro delle lobby dei costruttori inglesi e scandinavi i cui costruttori realizzano imbarcazioni senza capsule per poterle poi vendere a prezzi assolutamente concorrenziali.

La polemica tra federazione internazionale (la Uim presieduta dall'italiano Raffaele Chiulli) e quella italiana è forte, al punto da aver provocato l'annullamento di due gare di caratura mondiale, a causa di dissidi sull'uso del collare Hans, supporto di sicurezza utilizzato in quasi tutti gli sport motoristici, per il quale il regolamento della federazione italiana è molto più restrittivo rispetto a quello di molti altri Paesi. E c'è poi la pericolosità dei tracciati, punto sul quale l'Italia è senz'altro più attenta di altri paesi vedi le regole sulla larghezza ricordate anche dal presidente della federazione italiana.

Per questo un incidente come quello fatale di oggi, a Traben-Trarbach, lungo il fiume Mosella, in Italia non sarebbe stato possibile. Da anni viene definito molto pericoloso, e per questo Iaconianni spiega che "abbiamo protestato mille volte per la pericolosità di quella gara, nessuno ci ha mai dato retta. Non so con certezza la dinamica di quanto è avvenuto - aggiunge -, però mi dicono che addirittura dopo essere andato a sbattere sul terrapieno, Rossi sarebbe finito contro un albero. Ci sono dei circuiti dove non si dovrebbe mai correre, e sono tutti all'estero".

"Noi in Italia siamo all'avanguardia per la sicurezza, purtroppo quando i nostri piloti vanno all'estero - è l'amara conclusione del presidente della Fim - finiscono nelle mani di macellai...".

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