RIO DE JANEIRO. Due "scugnizzi" di bronzo. Da Napoli a Rio de Janeiro per dire a tutto il mondo che "il Sud Italia non è solo le cose negative che si raccontano". L'esempio migliore ai giovani meridionali lo hanno dato nel canottaggio Marco Di Costanzo e Giovanni Abagnale, campani di 24 e 21 anni, che con il 2 senza targato Italia hanno chiuso al terzo posto la finale olimpica di Rio 2016.
E così la gioia immensa per un'inattesa medaglia alla prima avventura a Cinque cerchi ha definitivamente cancellato "la paura che c'era - ammette Di Costanzo - di venire qui in Brasile dopo tutto quello che è successo negli ultimi mesi". Ecco perché anche i due canottieri hanno apprezzato il gesto di Elisa Di Francisca di portare sul podio la bandiera dell'Europa. E pensare che fino a poche settimane fa questo equipaggio non esisteva.
Poi, a causa della squalifica per doping di Niccolò Mornati, il direttore tecnico Giuseppe La Mura ha deciso di formare la coppia Abagnale-Di Costanzo. "Un pezzo di questa medaglia - ci tengono a precisare i due giovani azzurri - è di Niccolò e del suo compagno Vincenzo Capelli (tesserati con l'Aniene Roma)". C'è stato quindi poco tempo, più e meno 20 giorni, per preparare la gara della vita, "ma fin dal primo momento - raccontano Di Costanzo e Abagnale - siamo andati d'accordo e ci siamo detti che dovevamo dare tutto quello che avevamo. In molti ci avevano dato per spacciati: ebbene, questa è la nostra risposta".
In alcuni momenti della finale olimpica al Lagoa Stadium di Copacabana la medaglia di bronzo sembrava poter sfuggire agli azzurri, capaci, però, di un eccezionale finale di gara, tanto da non chiudere troppo lontani addirittura dal secondo posto del Sudafrica. L'oro è andato alla Nuova Zelanda.
"E' stata una gara molto difficile - spiega Di Costanzo - resa ancora più complicata dal vento contrario. La nostra arma vincente? Siamo giovani, ma con la testa da campioni. E poi io dopo aver cambiato equipaggio (doveva competere con il 4 senza campione del mondo in carica e domani impegnato nella finale olimpica) avevo troppa voglia di tornare a casa con questa medaglia. E ce l'ho fatta anche per chi, da Napoli, dai 'Quartieri spagnoli' dove vivo, mi ha tanto incoraggiato in questi giorni anche attraverso i social network. Oggi - quasi si commuove - si è concretizzato quel sogno che inseguivo fin da bambino, quando ho seguito le orme di mio fratello Fabio e sono salito per la prima volta sulla barca: con il canottaggio è stato un amore a prima vista che non si è mai interrotto".
Vive a Sant'Antonio Abate, a pochi chilometri da Castellammare di Stabia, invece, Abagnale, una sola 'b' nel cognome e non due come i fratelloni, Giuseppe e Carmine Abbagnale, i più famosi della storia del canottaggio italiano. "Li devo ringraziare per tutto quello che mi hanno insegnato, ma il mio idolo è il terzo fratello, Agostino". A vogare, Giovanni, ha cominciato solo al liceo, convinto da un professore. Prima c'era stato il basket. Per fortuna dell'Italia e del suo medagliere a Rio 2016, poi c'è stato solo il canottaggio.
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