MOSCA. Pollice verso, squalifica confermata. La Iaaf usa il pugno di ferro e condanna l'atletica leggera della Russia all'esclusione dalle Olimpiadi di Rio. Per la prima volta nella storia dei Giochi una nazione, peraltro da sempre importante in pista, non potrà schierare atleti in gara. Uno schiaffo solenne per quel che è stato definito il doping di stato in Russia. Ma per la campionessa dell'asta Yelena Isimbayeva questa punizione collettiva è «una violazione dei diritti umani». A Vienna la federatletica mondiale, presieduta dall'ex campione britannico Sebastian Coe, doveva valutare se riammettere gli atleti russi alle gare internazionali, togliendo la squalifica sine die inflitta nel novembre scorso, o lasciarli in purgatorio. Ha deciso per la seconda via. Da settimane si susseguivano pressioni e appelli di ogni tipo per far rientrare la condanna, ma anche per confermarla. Si era speso il capo del Cremlino in persona. Putin ha negato il doping di stato e esortato a salvare gli atleti puliti, «che non hanno colpe e non devono pagare per il doping altrui, la responsabilità è individuale». La Germania invece aveva proposto di tenere i russi lontano dai Giochi, «per garantire pari opportunità in pista». «Sentenza già scritta, ma reagiremo» ha sibilato il ministro dello sport Mutko. E l'ombra di un boicottaggio totale dei Giochi, come ritorsione dei russi potrebbe prendere forma a cinquanta giorni dal via delle Olimpiadi. In verità la Iaaf ha preso le sue decisioni all'unanimità e senza dubbi: hanno pesato i casi di doping che nel 2015 hanno coinvolto troppi atleti, anche olimpionici. Tante perplessità poi ha sollevato il 'nuovò sistema antidoping russo. A Mosca dicono di essersi uniformati agli standard mondiali, «abbiamo accolto 100 richieste» ha detto giorni fa Mutko. Ma la Iaaf non ci ha creduto: «sono stati fatti progressi, ma non sono sufficienti, ci vorrà ancora tempo» ha detto Coe. Per la Iaaf «non è stato allestito un vero sistema di controlli, c'è ancora una diffusa tolleranza delle sostanze vietate, ci sono prove di depistaggi dell'antidoping». Prima che gli atleti russi tornino in gare internazionali, la Russia dovrà aver dimostrato «tolleranza zero» per il doping. Nei vertici Iaaf non hanno fatto breccia nemmeno le proteste, non peregrine, degli atleti puliti, come la Isinbayeva, uno dei simboli dello sport russo, che ritengono ingiusta una punizione di massa, che non distingue colpevoli e innocenti, e toglie a tutti la possibilità di andare alle Olimpiadi. La campionessa minaccia di ricorrere alla Corte dei diritti dell'uomo. Il verdetto Iaaf tuttavia lascia la porta aperta a qualche aggiustamento. Coe ha negato che il Cio possa ammettere ai Giochi gli atleti puliti, ma questi atleti possono chiedere di andare a Rio «a titolo neutrale», cioè senza bandiera. L'argomento è spinoso. Se ne parlerà martedì a Losanna in una riunione Cio. Gli spazi per una mediazione sono stretti. La Russia non vuole farsi umiliare, la Iaaf non vuole cedere di un millimetro. Gli atleti puliti vogliono andare a Rio con la bandiera russa