MONACO. Un'altra Italia-Germania, e ancora una volta «senza alcuna paura». La sfida infinita si rinnova domani all'Allianz Arena di Monaco. L'epica di Messico '70 rende impossibile chiamarla amichevole, e se la Germania è d'accordissimo visto la voglia di sfatare il tabù azzurro, Antonio Conte gradisce ancor di più: contro i campioni del mondo per la sua Italia è l'ultimo test prima del raduno per Euro 2016. Per il quale Antonio Conte chiama a raccolta tutto il movimento: «In Francia vinceremo o perderemo tutti insieme». Intanto domani «giochiamo contro i migliori, dunque con grande rispetto ma senza alcun timore. Io - dice dall'Allianz Arena il ct confermando di fatto l'impiego di Bernardeschi e Insigne - chiederò ai giovani, a quelli che hanno poco spessore internazionale e poca esperienza a questi livelli, di darmi delle conferme: tra un mese e mezzo devo stilare la lista per gli Europei». La 'Nationalmanschafft' ora allenata da Loew quando vede azzurro sembra sgonfiarsi: difficilmente vince, molto spesso fa brutte figure. Dal 4-3 dell'Atzeca, il più famoso degli ItaliaGermania, al 3-1 del Bernabeu nell'82, la sequenza è fatta di grandi tappe e piccoli numeri: la Germania non batte l'Italia da 20 anni. Anche con gli attuali rapporti di forza - tedeschi campioni, italiani in crisi - rischiano di pesare sulla mente tradizione e stato di forma. La Germania viene dal ko a Berlino con l'Inghilterra, l'Italia dalla buona prestazione con la Spagna. Conte si aspetta «rabbia agonistica e determinazione a rialzarsi» da parte degli avversari e questo lo rende felice: sarà test vero. Dunque confermato il nuovo 3-4-3, con volti nuovi e non solo Zaza per Pellè. La sfrontatezza di Bernardeschi e Insigne può forse essere l'antidoto al 'miedo scenicò che lo stadio del Bayern incute ai giocatori italiani («ci torno 15 giorni dopo, è stato uno schiaffo ma salutare», confessa Bonucci), anche se quanto a personalità la nazionale vista giovedì scorso contro la Spagna è specchio fedele del suo ct. «Ripensare al mio addio azzurro sulla base del risultato? No, è un'ipotesi che non esiste», dice ai media tedeschi, aggiungendo in risposta alla domanda di un grande italiano di Baviera, Trapattoni, che «sì, è vero, purtroppo noi allenatori siamo giudicati sui risultati, e non sul lavoro e sul contesto; ma è il calcio». La punta di amaro è autobiografica solo in parte. «Prandelli ha portato l'Italia a essere vicecampione d'Europa e poi c'è stato il Mondiale, ma il fallimento non è stato solo colpa sua - sottolinea, anche pro domo sua - Si vince e si perde tutti insieme, così è stato nei quattro anni che mi hanno preceduto e così sarà in Francia». «Non credo - ha aggiunto poi - sia giusto cambiare idea sulla nazionale dopo la partita contro la Spagna: vorrebbe dire che chi dava certi giudizi prima non capisce nulla di calcio...Io firmerei per tirare nove volte in porta come contro gli spagnoli, o anche per avere tante occasioni come contro il Belgio», l'aggiunta in risposta a chi storse il naso per il ko di Bruxelles, il 13 novembre. In ogni caso, con l'annuncio del divorzio post Europei, Conte sembra essersi tolto un peso mentale e più che mai è concentrato sulla preparazione di Euro 2016: «Ho voluto vedere Thiago Motta di persona per capire se può giocare con noi diversamente da come fa col Psg, e così anche Jorginho - spiega - Peccato non aver avuto tre giorni di lavoro per vederli prima. Quanto ai giovani, dico loro che domani è l'occasione per fornirmi delle conferme: tra un mese e mezzo faccio le mie scelte, ho idee molto chiare in testa ma tra domani e l'ultima parte di campionato aspetto di capir meglio». Vallo però a spiegare, alla Germania, che domani il risultato è l'ultima cosa che conta per il ct dell'Italia.