ROMA. Premessa: che Valentino Rossi non vada a Valencia è impensabile. Saltare l'ultima gara della stagione significherebbe rinunciare a difendere il primato in classifica e darla vinta a Jorge Lorenzo. Ma, soprattutto, dire addio al 10/o titolo mondiale. Un treno che, a 36 anni, anche se ti chiami Rossi, potrebbe non ripassare più. E poi non è nel suo dna fuggire davanti alle sfide. Il dubbio se affrontare l'infuocata trasferta spagnola, ventilato ad un'ora dalla fine del drammatico Gp di Malesia, era ispirato dalla frustrazione, dalla rabbia per quella punizione che ritiene profondamente ingiusta.
Rossi andrà nella tana del lupo e darà tutto per vincere. Infischiandosene - anzi, facendone una corazza - del clima ostile, della claque di tifosi inviperiti e di eventuali 'alleanzè in pista ordite ai suoi danni. Senza dimenticare che 'Il Dottorè in Spagna ha la sua bella fetta di seguito. Fuori dal Ricardo Tormo lo stand che vende il merchandising del numero «46» è regolarmente quello con le file più lunghe.
L'Italia comunque è tutta con lui: in serata, dal Cile, Rossi ha ricevuto la telefonata del Premier, Matteo Renzi. I vertici dello sport si sono schierati al suo fianco, a partire dal presidente del Coni, Giovanni Malagò, che ha parlato di «poca sportività dimostrata da Marquez» e «mondiale falsato». Ed il n.1 della Figc, Carlo Tavecchio, ha sottolineato certe strane «sinergie» che altre nazioni sanno fare. Scontato il sostegno dell'amico Vasco Rossi, di Jovanotti, della 'stellà dei Denver Nuggets, Danilo Gallinari, meno quello dell'ex ct azzurro Marcello Lippi: «Suscita invidia, è caduto in un trappolone, sto assolutamente con lui».
«L'incidente? Non l'ho visto, ma tifo Valentino» ha detto Roberto Mancini. «Marquez è stato un grande provocatore», nel suo comportamento «si percepivano odio ed astio» secondo Arrigo Sacchi. «Ci sono uomini e piccoli bambini» la frase postata da Marco Materazzi con il lancio dell'hashtag 'difendiamoVale46'. E Paolo Rossi lo ha spronato così: «Vai in Spagna e fai come l'Italia dell'82, che diventò campione del mondo». Per tornare iridato Valentino dovrà aggrapparsi ai 7 punti di vantaggio che gli restano. Con Lorenzo secondo, basterebbe il terzo posto. Un'impresa, considerato che la sanzione rimediata a Sepang lo costringerà all'ultima posizione. Impresa che però gli è già riuscita, o almeno molto simile, nel 2005. A Valencia - guarda caso - attardato da una caduta in prova, Valentino scattò dalla 15/a piazzola e tagliò terzo il traguardo dell'ultimo Gp.
Certo, le condizioni erano ben diverse: era già campione del mondo, con quattro gare di anticipo, in una stagione dominata (11 vittorie in 17 gare). Ma è un ricordo che senz'altro gli sarà tornato in mente. Come quell'altra gara, ad Assen nel 2007, quando partì 11/o ed andò a vincere bruciando a tre giri dalla fine Casey Stoner. O Donington nel 2006, 12/o al via e secondo sul podio. Proprio come nel 2008, a Phillip Island. Intanto fioriscono le petizioni per l'annullamento della sanzione, lanciate sulla piattaforma 'Change.org'. Quella con più adesioni viene dall'Inghilterra ed ha quasi superato quota 200mila firme.
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