VILLACIDRO. Anche il ciclismo dice la sua nella festa no limits dello sport azzurro. Lo fa con il sorriso luminoso, quasi imbarazzato tanta è la gioia che esprime, di Fabio Aru, il corridore sardo che ha vinto da trionfatore la Vuelta, il Giro di Spagna, giunto quest'anno alla 70ma edizione. Sul podio in Plaza de Cibeles a Madrid, ha sventolato la bandiera sarda dei quattro mori, che si è messa sulle spalle con orgoglio durante l'inno di Mameli, che ha ascoltato con una mano sul cuore, canticchiando qualche verso. Poi è arrivato anche il tricolore, mentre i due bambini di Purito Rodriguez sul secondo gradino del podio col padre, si divertivano da matti.
«Ho realizzato un sogno e sono molto emozionato e felice» dice Aru dopo la premiazione. «Ringrazio i miei compagni che hanno creduto in me e mi hanno aiutato fino all'ultimo, abbiamo fatto un gioco di squadra molto bello. Dedico la vittoria alla mia famiglia, alla mia ragazza e ai compagni». Poi il campione di Villacidro si lascia andare a uno spot per il ciclismo: «è un bellissimo sport, noi cerchiamo di dare sempre il massimo. Spero che questa vittoria faccia avvicinare al ciclismo altri appassionati».
Nella domenica di Valentino Rossi sempre più leader iridato in Motogp e del titolo mondiale vinto dalle ragazze della ginnastica ritmica, della vittoria dell'Italbasket che vola ai quarti degli europei, l'azzurro che corre per l'Astana, squadra kazaka che guarda caso veste una divisa azzurra, ha vinto da vero trionfatore in quella che ormai è considerata la terza più importante corsa a tappe dopo il Tour e il Giro d'Italia: sabato è andato con rabbia a riprendersi con gli interessi i 6 secondi che lo distanziavano dal capoclassifica, l'olandese Tom Dumoulin. Negli ultimi 50 km verso Cercedilla, l'italiano ha messo alle corde il rivale e gli altri uomini di classifica.
«Solo dopo il traguardo ho cominciato a capire cosa avevo fatto» ha commentato. Nella passerella finale la tappa conclusiva è andata al tedesco John Degenkolb. L'impresa del 25enne sardo fa felice l'Italia e la Sardegna, che non ha mai avuto uno sportivo così in alto da solo, e consacra un atleta salito già due volte sul podio del Giro (3 nel 2014, 2 quest'anno dietro Contador) e che aveva fatto vedere tante buone cose, sempre al servizio del suo capitano Vincenzo Nibali. Aru in cima alla Vuelta ha anche salvato la stagione dell'Astana che finora era andata così così rispetto alle attese, con Nibali sfortunato al Tour, e poi fatto fuori in Spagna da giudici troppo severi. Sulle spalle del giovane sardo sono così finite le attese e le speranze dei tifosi italiani orfani dello squalo messinese, e quelle del suo team a corto di risultati. Aru ha accontentato tutti, ed è andato oltre. Il suo duello a distanza con Dumoulin e con lo spagnolo Rodriguez (alla fine giunto secondo; terzo il polacco Majka) ha esaltato gli appassionati, tutti lì, fino all'ultimo metro, a guardare cronometri e contare secondi.
Aru s'è dimostrato freddo in gara, attento a dosare le energie, calmo anche di fronte alle scorrerie dei rivali. Soprattutto ha avuto dalla sua un grande gioco di squadra della Astana. Il corridore sardo è uscito definitivamente dal cono d'ombra di Nibali, e le strade dei due sono destinate a separarsi. Il ciclismo azzurro ha trovato un nuovo campione
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