È il Tour della maglia gialla maledetta. E di Chris Froome. Dopo Fabian Cancellara, nella 3/a tappa (da Anversa a Huy), ieri è toccato a Tony Martin finire sull'asfalto, quindi abbandonare la corsa per la frattura della clavicola sinistra, oltre alla maglia di leader della classifica generale. Come lo svizzero, il tedesco si spoglia della maglia stregata, che torna così sulle spalle di Froome, mai così fortunato come in questo primo scorcio della corsa a tappe francese. Tutto sembra girare per il verso giusto, al keniano di nazionalità britannica. Il Tour de France come il Giro d'Italia. Anche nella frazione apparentemente più innocua, meno densa di significati, accade di tutto quando, e quando meno te lo aspetti. Magari proprio nel finale. Sembra di rivivere alcuni episodi dell'ultima corsa rosa, caratterizzata da eventi che l'hanno segnata nei momenti solo apparentemente meno attesi. Al culmine della 6/a frazione della Grande boucle, partita da Abbeville e conclusa a Le Havre, nella Normandia del nord, è accaduto di tutto. Anzi, di più. Mancano circa 800 metri all'arrivo, dove taglierà per primo il traguardo il ceco Zdenek Stybar, davanti al sempre meno secondo per caso Peter Sagan, quando la maglia gialla di Tony Martin ha provato una caduta che poteva avere ben altri risvolti. Il cronoman tedesco era sulla parte sinistra della strada, vicino alle transenne quando ha mosso la testa dalla parte opposta; forse impaurito dal gesto di uno spettatore ha sbandato sempre sulla destra, ha 'tamponatò un corridore della Giant Alpecin che a sua volta ha buttato giù l'inerme Vincenzo Nibali, proprio mentre il messinese stava per scattare nel tentativo di mettere il timbro dello 'squalò sul traguardo. Finiscono tutti sull'asfalto, appassionatamente e violentemente, il gruppo viene stoppato e il tempo neutralizzato - visto che la corsa ha ormai superato da tempo il cartello dei -3 chilometri -: si sentono imprecazioni in tutte le lingue del mondo, qualcuno riparte, qualcun altro no. Nibali si rialza (quasi) subito con il pantaloncino strappato, Martin resta a terra quasi immobile, e molto dolorante, con una spalla bloccata. Trova la forza per risalire in sella e, scortato dai fidi Kwiatkowski e Vermote, riesce perfino ad approdare stoicamente sulla linea del traguardo, ma anche di andare al podio della premiazione. La maglia di leader è sporca ma salva, almeno in teoria, ma è assai probabile che il suo Tour finisca sulle coste della Manica, nella città dove è cresciuto Monet, il padre dell'impressionismo. E, in effetti, impressiona assai il fatto che pure nelle tappe noiose, con la solita, interminabile fuga, l'imponderabile riscriva la classifica generale. Oggi non è accaduto, ma solo per la prevista neutralizzazione del tempo (Nibali risulta 92/o, sempre a -2« da Stybar), tuttavia la maglia dovrebbe cambiare ugualmente padrone, tornando addosso al britannico Chris Froome. »Spero di ripartire«, aveva detto Martin dopo l'arrivo. Non c'è riuscito. Contador per molto meno al Giro d'Italia aveva rischiato il ritiro, dopo l'arrivo a Castiglione della Pescaia. La fuga di oggi è durata 177 chilometri per due dei tre attaccanti, Perrig Quèmeneur (Europcar) e Daniel Teklehaimanot (Mtn-Qhubeka). Il terzo, il belga Kenneth Van Bilsen (Cofidis), ha deciso di non rialzarsi con i due compagni di avventura ed è stato riassorbito a circa 3 chilometri dal pirotecnico epilogo sulla cote di Le Havre. Domani la 7/a tappa porterà la carovana del Tour da Livarot a Fougères e misurerà 190,5 chilometri: altro percorso piatto, attraverso la bassa Normandia, con un solo Gran premio della montagna, solo 12,5 chilometri dopo il via, dunque ininfluente ai fini del verdetto finale. L'eritreo Daniel Teklehaimanot dovrebbe conservare la prima maglia a pois indossata da un corridore di colore.