ROMA. "I reati oggi sono estinti". La prescrizione è calata sulla maggior parte del processo Calciopoli: prescritta l'associazione a delinquere contestata all'ex dg della Juventus Luciano Moggi e all'ex ad bianconero Antonio Giraudo; poco o nulla rimane delle contestazioni di frode sportiva, se non qualche aspetto risarcitorio per le parti civili; scagionati da ogni accusa gli ex arbitri Paolo Bertini e Antonio Dattilo; confermata la condanna a 10 mesi di reclusione (pena sospesa) per l'ex arbitro Massimo De Santis, che aveva rinunciato alla prescrizione. Così si è concluso in Cassazione il processo che aveva messo a soqquadro il mondo del pallone. Ci sono volute sei ore di camera di consiglio. «Abbiamo scherzato per nove anni: il processo si è risolto nel nulla, solo tante spese. È stato accertato che il campionato era regolare, regolari i sorteggi e le conversazioni co le schede estere non ci sono state», ha commentato a caldo Moggi. Per Bertini è stato «un processo tragico» e anche se lui è stato assolto ne è uscito «molto provato». Deluso invece De Santis, che si sente «discriminato» come «unico arbitro condannato». La decisione della terza sezione penale ha accolto le richieste del pg della suprema corte Gabriele Mazzotta, che aveva chiesto di confermare «l'esistenza di una associazione a delinquere finalizzata a condizionare i risultati delle partite, le designazioni arbitrali, le carriere dei direttori di gara, e l'elezione dei vertici della Lega calcio». Per Mazzotta erano da convalidare le sentenze di secondo grado, ad eccezione di alcuni episodi di frode sportiva e delle condanne di Bertini e Dattilo. Mazzotta inoltre ha descritto la «struttura associativa» contestata, «nella quale tutti si ritrovavano ad attentare ai risultati delle singole partite ma anche a dare appoggio a Carraro, candidato al vertice della Figc, o a pilotare dossier contro i Della Valle, 'colpevolì di volere un altro presidente alla guida della Lega. E si interferiva anche nella progressione delle carriere degli arbitri». Il pg ha ricordato anche che i sodali del 'sistema Moggì si erano dotati di un «apparato organizzativo con schede telefoniche svizzere riservate, difficilmente aggredibili da intercettazioni legali o illegali, come quelle dell'Inter».