ROMA. Tanto divisi e diversi da incontrarsi – e scontrarsi – continuamente. Sui più importanti campi di tutto il mondo, sui libri di storia (a causa loro in continuo aggiornamento), nei discorsi di addetti ai lavori, colleghi, appassionati. Negli umori dei tifosi, nelle speranze dei direttori dei tornei.
Roger Federer e Rafael Nadal. Roger Federer o Rafael Nadal, faremmo meglio a specificare. Dal 2005, il tennis è loro. Dal 2005, anno in cui è scoppiata la “Fedal mania” a suon di finali, nel mondo del tennis l’unica scelta è quella di scegliere. Federer-Nadal è un gioco di opposizioni, di contrapposizioni, di diversità che vanno sottolineate, sbandierate; lo si è capito sin dalla loro prima sfida: destro contro mancino, tradizione contro cambiamento, eleganza stilistica contro furore agonistico, io creo tu rompi, io ricreo e tu rompi di nuovo. Non si può tifare entrambi, perché il loro tennis rappresenta due antitetiche filosofie tennistiche, specchi di due concezioni della vita che non possono trovarsi se non nell’antitesi.
Un decennio che ha riscritto la storia, battaglie che hanno riscritto il tennis: dai due match point di Roma 2006 alle lacrime degli Australian Open 2009, fino alla finale 2008 di Wimbledon, per alcuni la più grande partita di sempre. Un cammino dove una domanda si è sentita sempre più forte, scontro dopo scontro: se Federer è il giocatore più grande di sempre, perché soccombe così spesso al violentissimo tennis di Nadal? E questo mette in discussione lo status di G.O.A.T. (greatest of all time) dello svizzero? La verità, forse, non la sapremo mai. E forse non è nemmeno necessario porsi la domanda: a differenza di altre rivalità, questa ha sempre vissuto di contraddizioni che talvolta solo il livello emozionale può spazzare via. Poi, rimangono: umane e interrogative e per questo eterne.
Un cammino che questo libro tenta di ripercorrere, attraverso le sei partite cardine della mitologia Federer-Nadal, anche cercando di sviscerare e dissezionare il fenomeno, assolutamente unico e inedito, che questa sfida ha creato e tentando di dare un giudizio della rivalità tout court. Mai vi era stata un’identificazione così forte del pubblico con gli esponenti di una rivalità tennistica, mai si era reso questo sport visibile ai poco abituati ad esso, mai altri prima avevano messo in crisi storici e statistici, continuamente costretti a rivedere le gerarchie dei grandi di questo sport. Nemmeno i nostalgici hanno potuto opporre troppa ribellione ad una così forte presenza storica.
Un cammino che ha da un decennio un unico scopo: la vetta, la prevaricazione della propria filosofia a suon di vittorie, accumulando record, non cambiando mai il modo di sfidarsi. Una longeva rivalità ben riassunta dal giocatore spagnolo: “Se Roger gioca bene, devo giocare in modo incredibile. Quand’è al 100%, gioca in un altro campionato. È impossibile fermarlo. Io combatto, combatto, combatto”. E tutti gli altri, per anni, sono rimasti a guardare.
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