GENOVA. «Sono passati tre mesi, e comincio ad avere le cose abbastanza chiare: tutti dicono che il momento è difficile, che bisogna cambiare. Poi ti giri, e vedi che sei solo». Antonio Conte urla al termine del 2014 azzurro, dopo l'1-0 sull'Albania. Chiamato come ct della rifondazione, ha portato a casa - è la sua rivendicazione - cinque vittorie e un pareggio. Ma anche la sensazione che la voglia di far ripartire il calcio italiano non sia reale, nel disinteresse per la nazionale che dovrebbe guidare il movimento ed invece «è vista come un fastidio».
«Per ora - il suo duro j'accuse - è cambiato solo l'allenatore della nazionale. Tutto il resto è rimasto uguale. Vedo troppe parole e pochi fatti. Sono venuto con grande voglia di lavorare, è l'unica cosa che so fare. Devo essere messo nelle condizioni di farlo: se mi sopportate così bene, altrimenti diventa un problema, un problema serio». Sicuramente con i club, quando Conte lamenta di «avere i giocatori a disposizione solo 7-8 giorni, e in quei giorni qualcuno storce anche il naso». Pretende che il suo sfogo non sia considerato un punto di rottura ma «di costruzione», lui che negli anni Juve ha spesso rivendicato meriti e sottolineato le difficoltà. «Ma prima ero allenatore di club e vedevo solo le mie cose, ora la prospettiva è diversa».
Precisa di non avercela con la Federcalcio, «che ha cominciato un lavoro e anche ascoltandomi mi auguro faccia qualcosa di positivo». Non è disposto a fare nomi «di x o di y, perchè parlo di tutti, e chi vuole intendere intenda», dice alzando i toni della voce nella sala stampa di Marassi in una conferenza che dà seguito al duro allarme del mattino sulla voglia di faticare che manca e sulla direzione sbagliata del calcio italiano. E ricorda altri sfoghi, a cominciare da quel grido «agghiacciante» lanciato quando fu squalificato per il caso calcioscommesse. «Trovo ancora ridicolo e assurdo che con tutto quel che succede, che con tutti i problemi che ci sono, si parli ancora di Balotelli, se va in discoteca o no», l'amara constatazione di Conte, che a fine partita aveva chiesto esplicitamente uno stage nei quattro mesi di buco della nazionale, di qui a marzo. «Ora vediamo se l'Italia è davvero amata come dicono. Sto cercando di riformare un prodotto in via di estinzione, e voi vedete solo Balotelli. Non ho la bacchetta magica, so solo lavorare, lavorare, lavorare. Sapete tutti che sono un tipo che non le manda a dire: alle volte si mette la testa sotto la sabbia per non vedere i problemi. Ma io non sono venuto qui per perdere tempo».
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