VARSAVIA. Contro tutti. E contro nessuno. Mario Balotelli è forte fuori e fragile dentro. E ora si sente solo all'interno della nazionale. E forse in cerca di qualcuno che gli tenda una mano. Questo deve aver capito ancora una volta di più Cesare Prandelli, quando sotto gli occhi di tutti lo ha fermato in mezzo al campo dello stadio di Cracovia per chiarire cosa fosse successo ieri, dopo il gol. Quell'urlo in inglese, la rabbia strozzata dalla mano di Bonucci per fermarlo ed evitargli altri guai. E subito la caccia al labiale. Con chi ce l'aveva SuperMario? «Non come me», l'unica certezza filtrata da Prandelli dopo i 5' di faccia a faccia. Ce l'avevo con tutti e con nessuno, questo il senso della spiegazione data dal giocatore, e per il resto nello scrigno segreto di quel colloquio a due, che nessuno entri. Le sgridate pubbliche e i rimproveri in privato dei compagni; la panchina dopo due partite; la consapevolezza che a spingere Prandelli all'esclusione fossero state anche - soprattutto - le parole degli altri azzurri; l'occasione di chiudere la partita con l'ingresso in campo a 20' dalla fine; la raccomandazione del ct («non è la tua occasione, è la nostra»); e poi per chiudere quella punizione contesa con Pirlo, battuta alla fine del centrocampista.
Eccola, la scintilla di una rabbia portata dentro. Anzi di un disagio, come ha detto Prandelli. Mario voleva far esplodere destro e rabbia oltre la barriera. «Mario deve sapere accettare le critiche, la panchina e la squadra che gli chiede di più», ha ricordato Prandelli. Mario voleva solo fare gol lui, per rispondere a chi lo aveva bocciato. Nella sua complessa semplicità, non era pensabile fosse solo una scelta tecnica. «Confrontarsi è normale, ma questa è sempre stata la mia Italia», la piccata risposta di Prandelli a chi gli chiedeva se il ritorno al vecchio modulo non fosse una rivincita sulla squadra che aveva chiesto altro. Quando però dopo il pari Prandelli si è sentito dire dai giocatori che non era questione di calo fisico ma di mentalità sbagliata, di attaccanti che non rientravano, di giocatori che non correvano, il messaggio è arrivato forte e chiaro. E le perplessità del ct su quel ragazzo pieno di talento che non voleva esplodere si sono rafforzate. Così l'attaccante che tutti aspettavano come il crac azzurro si è trasformato in un giocatore isolato, molto al di là dei sorrisi e degli scherzi con i compagni.
«Lui è fatto così, va dietro ai suoi umori. E anche quando se ne sta isolato, non è estraneo al gruppo», la difesa di Prandelli. Vederlo passeggiare per il campo di Poznan durante l'allenamento della vigilia era però l'immagine di una carriera: come quando all'Inter lo consideravano un talento ciondolante. Oggi invece, dopo il faccia a faccia con il ct, in partitella ha un pò ciondolato e molto tradito il suo nervosismo. Come quando se l'è presa con Nocerino per una palla persa, ricevendo in cambio una sgridata dal compagno. È finita con SuperMario in panchina, mogio come un bambino, a scusarsi quasi col compagno e a cercare due chiacchiere col capodelegazione azzurro, Demetrio Albertini. Poi, nello spogliatoio, ha confessato un'altra preoccupazione: ma davvero hanno scritto che ho rischiato il rosso per una gomitata? Io non ho fatto nulla...Balotelli non vuole essere dipinto così, davvero non si sente un bad boy. La solitudine del numero 9: ecco l'inedito che ora Prandelli dovrà affrontare.