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Roma, Giubileo: aperta la Porta Santa a San Giovanni in Laterano

Aperta la Porta Santa della Basilica di San Giovanni in Laterano dal cardinale vicario di Roma, Baldassare Reina. È la seconda Porta Santa di una Basilica romana, dopo quella di San Pietro, aperta da Papa Francesco il 24 dicembre. Il Pontefice ha aperto anche una Porta Santa nel carcere di Rebibbia.

All’apertura della Porta Santa nella Basilica di San Giovanni in Laterano, anche il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e l’arcivescovo Rino Fisichella, delegato del Papa per l’organizzazione del Giubileo. Circa duemila i fedeli che erano presenti alla cerimonia. In molti non sono riusciti ad accedere all’atrio della Basilica.

Le altre Porte Sante delle due Basiliche papali saranno aperte, rispettivamente dal cardinale Stanislaw Rylko e dal cardinale James Harvey, il 1 gennaio alle 17 a Santa Maria Maggiore) e il 5 gennaio alle 10 a San Paolo fuori le Mura.

«Con grande gioia abbiamo vissuto il gesto dell’apertura della Porta Santa nella nostra Basilica; con esso abbiamo voluto rinnovare la professione di fede in Cristo, Porta della nostra salvezza, confermando il nostro impegno a essere per ogni fratello e sorella segno concreto di speranza, aprendo la porta del nostro cuore attraverso sentimenti di misericordia, bontà e giustizia», ha detto il cardinale vicario di Roma, Baldo Reina, nell’omelia della messa che ha seguito l'apertura della Porta Santa nella Basilica di San Giovanni in Laterano.

Secondo Reina, «la Porta Santa che abbiamo attraversato evoca quel gesto quotidiano che compiamo varcando la soglia delle nostre abitazioni. Questa porta, ora spalancata, ci ha introdotti non solo nella casa del Signore, ma nell’intimo del suo cuore».

Commentando la parabola evangelica del Padre misericordioso, il cardinale vicario ha aggiunto che «oggi, mentre attraversiamo questa Porta che sono le braccia del Padre, il nostro pensiero si rivolge con particolare compassione a coloro che, come il figlio minore della parabola, si sentono lontani e indegni e a quelli che, come il figlio maggiore, portano nel cuore il peso di amarezze profonde e non si sentono più figli amati».

«Pensiamo ai malati, ai carcerati, a chi è segnato dal dolore, dalla solitudine, dalla povertà, dal fallimento; a chi si è lasciato cadere le braccia per sconforto o mancanza di senso; a chi è senza speranza; a chi ha smesso di cercare le braccia del Padre perché chiuso in se stesso o nella sicurezza delle cose del mondo», ha continuato.

«In questo mondo lacerato da guerre, discordie e disuguaglianze tendiamo le braccia a tutti - ha concluso il cardinale Reina - facciamo in modo che attraverso le nostre braccia spalancate arrivi un riflesso dell’amore di Dio. Non ci salveremo da soli ma come famiglia: e allora è la fraternità che dobbiamo coltivare fino all’estremo delle nostre forze».

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